Donne e lavoro: i nuovi strumenti di welfare oltre il congedo di maternità
Riuscire a conciliare la vita lavorativa con quella familiare, dopo l’arrivo dei figli, può essere molto arduo, specialmente per le donne, e ciò può comportare ricadute sulle scelte lavorative.
Nel 2020, anno dello scoppio della pandemia, il tasso di occupazione femminile in Italia è sceso al 49%. E le donne con figli sono state le più penalizzate, registrando un tasso di occupazione minore del 25% rispetto alle colleghe senza figli.
Il congedo di maternità
Nel nostro Paese, una delle principali misure introdotte per le neo-mamme lavoratrici è il congedo di maternità, che prevede l’astensione obbligatoria dal lavoro per le lavoratrici dipendenti durante la gravidanza e nel periodo successivo al parto. Ad esso si affianca il congedo parentale (anche detto di maternità facoltativa, per una durata massima di sei mesi), non obbligatorio, retribuito al 30%.
L’obbligatorietà di questo congedo è stata regolamentata dal Testo Unico sulla maternità e paternità (decreto legislativo n. 151 del 26 marzo 2001). La norma garantisce un’indennità per la lavoratrice, pari all’80% della retribuzione media globale giornaliera calcolata sulla base dell’ultimo periodo di paga precedente all’inizio del congedo di maternità. La durata prevista del congedo di maternità è di cinque mesi.
La legge di bilancio del 2019 ha introdotto per le madri la possibilità di astenersi dal lavoro esclusivamente dopo l’evento del parto, a patto che un medico specialista attesti che ciò non crei danno per il nascituro.
Tuttavia, affinché le lavoratrici possano reinserirsi agevolmente nell’attività lavorativa dopo il parto, questo strumento non è sufficiente.
Nuovi strumenti di welfare
Per questo sono anche necessari gli strumenti innovativi di welfare che le aziende mettono sempre più a disposizione delle dipendenti per favorire il ritorno sul posto di lavoro dopo il parto e consentire un maggiore equilibrio tra le esigenze familiari e quelle lavorative.
Un esempio positivo di queste best practice riguarda Sanofi, società farmaceutica globale. L’azienda dedica alle neomamme diversi programmi di orientamento al rientro dalla maternità, che prevedono anche il coinvolgimento diretto dei manager. Questo, per offrire supporto dal punto di vista psicologico e motivazionale e per sviluppare una cultura manageriale e organizzativa in grado di gestire al meglio il rientro dopo la maternità.
«Negli ultimi mesi abbiamo esteso il concetto di genitorialità e introdotto 14 settimane di congedo parentale retribuito per qualsiasi dipendente che avrà un bambino a prescindere dalle modalità (parto, adozione o maternità surrogata), dal genere o dall’orientamento sessuale, purché il lavoratore sia riconosciuto come genitore del bambino», spiega Francesco Veneziani, responsabile delle relazioni industriali per Sanofi Italia. «Inoltre, abbiamo introdotto un nuovo accordo sul congedo parentale: a partire dal primo anno e fino ai primi sei anni di vita del bambino, ogni genitore riceverà un’integrazione della retribuzione del congedo in aggiunta a quanto è previsto dalla legge. L’Inps copre questo costo fino al 30 per cento e noi abbiamo deciso di aumentare questa cifra di un altro 20 per cento portandolo fino al 50 per cento».
Veneziani aggiunge anche che «ulteriori iniziative sono state introdotte al sostegno della genitorialità con l’estensione di permessi fino al diciottesimo anno di età del figlio o della figlia. Misure che desideriamo promuovere per sostenere i genitori (nel concetto estensivo di diversità e inclusività) nei loro progetti di famiglia».
Queste novità sono state introdotte nell’ultimo accordo integrativo aziendale che coinvolgerà gli oltre 2.000 dipendenti di Sanofi in Italia. È stato stabilito inoltre che tutti i permessi relativi alla gestione dei figli saranno parimenti estesi ai lavoratori uniti civilmente e con convivenze di fatto, senza alcuna distinzione.
L’impatto del Covid sulle lavoratrici
Misure del genere sono necessarie anche perché le donne sono state le più colpite dagli effetti della pandemia. Lo smart working, sommato alla didattica a distanza dei figli a causa della chiusura delle scuole, ha fatto sì che per molte lavoratrici gli impegni familiari siano cresciuti enormemente durante i mesi di lockdown a fianco dei propri incarichi lavorativi.
I cosiddetti congedi Covid, introdotti dal governo, non a caso sono stati utilizzati soprattutto dalle donne: i 300mila minori interessati sono stati presi in carico per il 79% dalle madri e per il 21% dai padri.
E anche ora che la pandemia è in una fase meno emergenziale, le donne sono quelle che ancora incontrano maggiori difficoltà per rientrare nel mondo del lavoro.
Secondo il report “Il mercato del lavoro: dati e analisi”, pubblicato a gennaio dalla Banca d’Italia e dal ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, negli ultimi mesi del 2021 l’occupazione è cresciuta, ma non si sono ancora riassorbiti i divari di genere alimentati dalla pandemia. Nonostante le lavoratrici rappresentino circa il 42 per cento della forza lavoro, incidono solo per un terzo sul saldo delle posizioni a tempo indeterminato.
Rispetto a queste difficoltà e in generale rispetto agli ostacoli che frenano le donne nel mondo del lavoro, Sanofi ha cercato di migliorare ulteriormente la cultura aziendale avviando alcuni meccanismi di sensibilizzazione. «Abbiamo organizzato webinar sugli stereotipi e sulle violenze di genere», racconta Veneziani. E per aumentare la consapevolezza delle donne, sono anche stati avviati percorsi di formazione focalizzati sull’empowerment femminile: ad alcune lavoratrici è stato affiancato un collega o una collega senior – con percorsi di mentorship – per supportarne lo sviluppo e la crescita. Il fine era quello di far comprendere a ogni lavoratore il valore della diversità all’interno dei gruppi di lavoro e che momenti di allontanamento dal lavoro sono fondamentali a livello personale e devono quindi essere supportati e incentivati.
Le best practice
Secondo la classifica stilata dall’indagine “Italy’s best employers for women” dell’Istituto Tedesco Qualità Finanza (Itqf), in Italia sono 200 le aziende dove le donne sono più felici di lavorare. Di queste aziende, 52 hanno ottenuto il massimo punteggio e rappresentano i datori di lavoro ideali.
Per stilare la classifica, sono stati considerati 45 argomenti, come la cultura d’impresa, la formazione professionale e le pari opportunità offerte grazie agli strumenti di welfare.
Tra i casi virtuosi, c’è Ferrari, confermata per il terzo anno consecutivo come Top Employer grazie all’impegno nella formazione continua dei dipendenti e la riconferma della certificazione della parità retributiva di genere. Per Iren, si tratta invece del quinto anno consecutivo in classifica, con il nuovo piano industriale decennale prevede 7.000 nuovi ingressi e l’obiettivo di raggiungere il 30% di manager donne entro il 2030.
Nexi è stata premiata soprattutto per il suo programma di welfare aziendale, tra i più completi del panorama italiano, che prevede benefit come previdenza e piano sanitario integrativo. Medtronic si è distinta anche grazie a SmartMed, iniziativa partita durante l’emergenza Covid-19 per garantire l’occupazione e l’interattività, anche lavorando a distanza, con un’organizzazione del lavoro improntata alla massima flessibilità e all’attenzione ai dipendenti e alle loro famiglie.