Dove sono e come funzionano gli “incubatori del domani”
Ci sono luoghi delle nostre città in cui il tempo sembra correre più veloce. O meglio, è sempre declinato al futuro. Le porte di questi luoghi si aprono, letteralmente, su prototipi di tecnologie che prefigurano svolte radicali. Ma come si “produce” il domani o ci si allena a non sprecarlo? Un luogo di questo tipo si trova in via San Martino 12 a Milano, dove sorge e-Novia, che è uno spazio simile a un acceleratore di startup futuristiche, con la differenza che i progetti sono tutti ideati, e presto prodotti, all’interno dell’azienda. È qui che è nato Yape, un robot per le consegne urbane sperimentato per la prima volta lo scorso luglio. Ma anche la startup Blimp, che ha già installato in città oltre 400 telecamere che studiano i flussi delle persone di fronte alle affissioni pubblicitarie in termini di comportamento, interesse, genere ed età, nel rispetto della privacy.
La differenza tra acceleratore e incubatore è temporale: l’incubatore è rivolto a startup che in molti casi non sono nemmeno state formate, molto spesso si accede solo con la presentazione di una buona idea. Nell’acceleratore, invece, entrano startup oramai avviate e che hanno bisogno di un aiuto per continuare a crescere.
Secondo il report del Social Innovation Monitor, in Italia sono presenti 229 enti tra incubatori e acceleratori di startup, con un tasso di crescita del 7% rispetto al 2021. Circa il 57% di essi si trova nell’Italia settentrionale. La Lombardia è la regione che ne ospita la maggior parte con il 25% del totale e tra Milano e la Brianza si può parlare di “Silicon Valley d’Italia”. A seguire troviamo l’Emilia-Romagna, con il 13%, e il Lazio con l’8%. Secondo i dati di Anitec-Assinform, inoltre, sono 8.416 le startup con codice Ateco associato al settore ICT (ovvero quello delle Tecnologie dell’Informatica) registrate nell’ottobre 2022, con una crescita dell’8,6% rispetto alle 7.749 rilevate al termine del terzo trimestre 2021. Rimane stabile la distribuzione territoriale con più della metà delle imprese concentrate in tre regioni: Lombardia che conta il 29,4% delle ICT, Lazio (14%) e Campania (8,4%). Seguono Emilia-Romagna (6,8%), Veneto (6,8%), Piemonte (5,6%), Toscana (4,8%), Puglia (4,8%), Sicilia (3,9%), Marche (2,1%), mentre le altre regioni rappresentano quote inferiori al 2%.
Molto spesso un incubatore è anche un acceleratore e viceversa. Questo modello stimola il trasferimento tecnologico dalle accademie alle aziende, incoraggiando l’imprenditorialità tra i ricercatori. Inoltre tra gli acceleratori ci sono quelli rivolti ad un generale sviluppo del business delle startup, ma anche quelli nati da interventi governativi volti a creare nuove aziende o sostenere quelle esistenti ed in grado quindi di creare futura occupazione.
Le factory (da non intendere letteralmente come “fabbrica”) offrono invece servizi alle startup, dalla pre alla post-incubazione, ma con particolare attenzione a specifici settori quali, ad esempio, la chimica, l’ambiente, l’agro-food. Appoggiarsi a strutture del genere aiuta gli – spesso giovani – imprenditori ad avvalersi di competenze altamente specifiche o di servizi fisici al lancio della propria attività.
Nella Silicon Valley d’Italia
La situazione più magmatica e interessante da approfondire è a Milano, che è la “San Francisco” della Silicon Valley lombarda, dove tra le startup create da e-Novia ci sono casi come quello di Y.Share – un dispositivo che raccoglie informazioni sullo stile di guida e suggerisce in tempo reale come migliorarlo per ridurre l’usura delle gomme, impatto ambientale e consumi -, già applicato ai mezzi della raccolta rifiuti del comune di Milano, Amsa. E con Rob.Y già si pensa a una città in cui i veicoli professionali come gli spazzatori della strade urbane potranno guidarsi da soli, affiancati da un operatore a terra. In questi due piani di open space nel capoluogo lombardo – headquarter di due sedi produttive a Bareggio, sempre nel milanese, Osaka e di una in costruzione in Centro Italia – si sta sviluppando anche un guanto con una tecnologia aptica, che attraverso la combinazione di tre stimoli – forza, vibrazione e stimoli termici – restituisce una sensazione tattile a integrare un’esperienza di realtà aumentata.
Esperienze come questa le realizza da anni Anothereality, azienda tech che ha sede sempre a Milano, in zona Porta Romana.
Presto faremo riunioni di lavoro a realtà mista, con alcuni partecipanti presenti e altri proiettati nei visori, che nel frattempo dovrebbero essere diventati leggeri come occhiali da vista.
Lorenzo Cappannari, CEO e co-fondatore Anothereality
Nata nel 2014 come studio di sviluppo di videogiochi in realtà virtuale, oggi Anothereality è innanzitutto una società di consulenza che crea mondi ed esperienze in realtà virtuale per il marketing, la formazione aziendale e il rapporto con il cliente. In attesa che gli sviluppi dell’hardware, cioè i visori di realtà virtuale e aumentata, aprano le porte a tutte le potenzialità del Metaverso: «I grandi player sanno che la prossima piattaforma di massa, dopo il pc e lo smart-phone, sarà il device indossabile», ritiene Lorenzo Cappannari, tra i fondatori dell’azienda e autore del libro “Futuri possibili” (Giunti). «Presto – dice – faremo riunioni di lavoro a realtà mista, con alcuni partecipanti presenti e altri proiettati nei visori, che nel frattempo dovrebbero essere diventati leggeri come occhiali da vista».
Non servono visori invece per i progetti Deep Tech, incubati dal Polihub, acceleratore di startup del Politecnico al BovisaTech di via Durando 39. Qui con il progetto Sinergy Flow si sta sviluppando un accumulatore di energia, non al litio ma allo zolfo, che costerebbe fino a 30 volte meno rispetto alle soluzioni sul mercato, userebbe i sottoprodotti dell’industria petrolchimica e conserverebbe l’energia fino a 50 ore. Tra le startup attualmente in cerca di investitori ci sono anche tecnologie per rendere inerte l’amianto, materiali per impacchettare oggetti creati da scarti organici trasformati dal micelio dei funghi e sistemi adattivi per il fitness domestico basati sull’intelligenza artificiale. E quest’ultima non serve solo per il fitness domestico personalizzato, ma anche per processare e analizzare grandi quantità di dati di qualunque genere, individuando modelli e corrispondenze altrimenti introvabili. È quello che fanno le molte ricerche in seno all’unità milanese di Ellis, costituita un anno fa da Università Statale, Bicocca, Politecnico e Bocconi per creare a Milano uno dei maggiori poli scientifici europei sull’intelligenza artificiale. Dalla ricerca di nuovi farmaci a Rna, fino allo studio per la riduzione degli impatti del cambiamento climatico, il segreto sta sempre nel far cercare all’AI nuove correlazioni all’interno di grandi quantità di dati, per poi fare predizioni da verificare in laboratorio.
Non per tutte le startup incubate in Italia il futuro è virtuale: può essere anche naturale. Come per Planet Farms che ha costruito la più grande vertical farm d’Europa, a Cavenago di Brianza. Ogni giorno escono 30 mila buste di insalata e l’anno prossimo aprirà due nuove sedi in Italia e in Inghilterra. Un ettaro di superficie qui produce come 300 ettari di campo. E per un chilo di lattuga, che di solito richiede 200 litri d’acqua, ne basta uno. Tutto automatizzato e senza uso di pesticidi o fitofarmaci: in questo caso il futuro si può già acquistare in oltre 350 supermercati.
Infine, la startup della Silicon Valley italiana, come lo studio Acpv architects di Milano degli architetti Patricia Viel e Antonio Citterio, dopo la fase di incubazione progettano gli spazi anticipando le future esigenze della città. I loro edifici, infatti, attraverso rilevatori e sensori, generano enormi masse di dati a disposizione dei committenti, come la quantità di rifiuti prodotta e il tempo di permanenza delle persone al loro interno. «Quando cominceremo ad abituarci alla digitalizzazione di molti aspetti della nostra vita – ha spiegato Viel – tutti questi dati avranno un valore, non solo per le grandi aziende del digitale che per ora sono le uniche a utilizzarli, a fini economici, ma anche per i soggetti pubblici». Insomma, abbiamo già intorno a noi chi costruisce il futuro, si tratta come sempre di saperlo utilizzare, abitare, a volte mangiare.
Per approfondire: un giro d’Italia tra incubatori e acceleratori
In Lombardia i principali acceleratori e incubatori sono: Kilometro Rosso di Bergamo e Superpartes di Brescia sono sia acceleratori che incubatori olistici, senza specializzazione. Anzi, l’eterogeneità delle startup nascenti o da accelerare è un valore intrinseco di questi poli. Lo stesso vale per Milano, come detto sopra, dove a fianco dei poli universitari che sono incubatori, B4I – Bocconi for innovation dell’università Bocconi e Polihub del Politecnico di Milano, ci sono centri che sono sia acceleratori che incubatori come e-Novia, B-Ventures, Credite Agricole LE VILLAGE, Deloitte FoodTech accelerator, Digitalmagics, Fondazione Social Venture Giordano Dell’Amore, G2-Startups, growITup, IBM Studios, Impacthub Milano, Luiss Enlabs Milano, Nuvolab, Plug & Play, Sellalab Milano, TalentGarden – Incubatore, Unicredit Start Lab.
In Campania, a Caserta, c’è la factory e incubatore (che dispone anche di una academy) 012Factory, mentre a Napoli sono presenti gli incubatori Campania NewSteel, Centro Il Faro che sono olistici, mentre il Centro Servizi Incubatore Napoli Est è incentrato sulle innovazioni sociali. C’è poi il comparto esclusivamente digitale che cresce negli incubatori di Digital Magics Napoli, Hub Spa, NAStartUp, Seedup, Sellalab.
Nel Lazio, e per la precisione a Roma, è attivo il più importante acceleratore di startup legate allo spazio Agenzia Spaziale Italiana. Sempre nella capitale sono attivi una serie di incubatori e acceleratori legati al cibo, come Coopup, al digitale, Digital Magics Roma, dock3, Elis Open Italy, allo sviluppo sostenibile Enea, Fondazione ItaliaCamp, Go Beyond Sisal, Impact Hub Rome, Innova, Luiss Enlabs Roma, Ministero dello Sviluppo Economico, o alla mobilità come Mobilityup, Pi Campus, Startalia, Startupbootcamp FoodTech.
In Piemonte invece a Biella è presente la realtà di Sellalab Biella che oggi accelera startup dentro un antico lanificio. A Novara invece c’è Enne3, mentre a Torino esistono 2i3t, 42 AcceleratorBuild it Up, i3p Incubatore del Politecnico e Socialfare Impresa Sociale che lavora con le startup a impatto sociale.
Svolgono solamente una funzione di incubatore lanciando nuovi progetti, e non di acceleratore, Sviluppo Basilicata di Matera in Basilicata, Tech Nest ad Arcavacata di Rende, nel Cosentino, in Calabria legata all’ateneo Unical, Digital Borgo di Pescara in Abruzzo dove sono presenti anche il BP Cube e il JCube di Jesi.
In Umbria è attivo l’incubatore di startup Italeaf: Nera Montoro – Narni legato alle innovazioni in ambito industriale, mentre in Toscana a Navacchio di Cascina (Pi) è presente l’Incubatore d’Impresa Polo Tecnologico di Navacchio, Incubatore del Comune di Minucciano a Minucciano, il Pont-Tech di Pisa legato alla filiera dell’idrogeno. A Siena c’è Fondazione Toscana Life Sciences, che promuove startup che operano nel campo delle scienze della vita. In Emilia Romagna agisce a Bologna Almacube che lavora con i ricercatori dell’università cittadina su molti fronti, quello principale, riguarda l’innovazione in campo ambientale attraversi la riduzione delle emissioni, mentre a Lugo U-Start, Incubatore SiproCube a Ferrara, Innovami a Imola, VZ19 Startup Factory a Pieve di Cento completano il quadro regionale. A Chiavari in Liguria è attivo Wylab, il è primo incubatore focalizzato sulle startup che sviluppano tecnologie e soluzioni innovative per lo sport. Ad Asolo, in Veneto, invece è presente l’incubatore di Fondazione la fornace dell’innovazione, mentre a Ca’ Farsettimè ubicato l’Incubatore di Venezia, M31 Italia e StartCube a Padova, Vega In Cube a Venezia. In Friuli Venezia Giulia è attivo Bic Incubatori FVG a Trieste, dove è presente anche Innovation Factory. In Sardegna è presente Bioncubatore Polaris a Piscinamanna Pula e The Net Value a Cagliari, mentre in Sicilia, a Palermo, esiste il Consorzio Arca, che lavora con l’università degli Studi di Palermo e i Consorzi Universitari di Agrigento, Trapani e Caltanissetta, sviluppando startup tecnologiche. Nelle zone montane, rispettivamente di Trentino Alto Adige e Valle D’Aosta, sono attive a Trento HIT – Hub Innovazione Trentino: Trento e Pépinière d’Enterprises Espace Aosta, ad Aosta, che sviluppa startup nel settore della cybersicurezza e della videosorveglianza.