Gli e-sport sono una miniera d’oro per nuovi posti di lavoro


I videogiochi non sono solo passatempo. O almeno non lo sono più. Gare motoristiche, battle royale, giochi di strategia e tutti gli altri generi sono parte di una grande industria che mescola sport e intrattenimento: è il mondo degli e-sport, la versione definitiva dell’universo videoludico, che ormai si comporta come un vero e proprio segmento del mercato del lavoro, tra imprenditori, addetti e grandi sponsor.

Tecnicamente si tratta di competizioni di videogiochi di livello professionistico. E questa è l’età dell’oro di un settore che nel 2021 ha raggiunto il miliardo di dollari di guadagni, secondo quanto riportato da Newzoo, una delle principali agenzie di monitoraggio del mondo gaming, con una crescita del +14,5% rispetto all’anno precedente, con molti ricavi provenienti da accordi di sponsorizzazione e da diritti di trasmissione su diverse piattaforme. Ad esempio, il solo Twitch, la piattaforma per trasmettere in diretta, ha totalizzato la cifra record di 23,3 miliardi di ore di visualizzazioni nel 2021.

Andando oltre gli e-sport, nel mondo ci sono quasi 3 miliardi di videogiocatori tra tutti i tipi di console e di gioco, per un +5,3% rispetto al 2020: anche i guadagni si fanno vertiginosi, con 180,3 miliardi di dollari di ricavi stimati – di cui la metà proveniente dalle attività sul mobile (cellulare) – tra tutti gli attori del settore.

Il segmento italiano

Il mondo degli e-sport è già una realtà anche in Italia. Il trend di crescita si registra anche nel nostro Paese, come spiega chi lo vive tutti i giorni dall’interno. «C’è stato sicuramente un boom con la pandemia, ma è un percorso di espansione di tutto il settore, che viene da lontano: c’era prima del 2020 e ci sarà anche nei prossimi anni», dice convinto Nicaldan, nickname di Nicola Lillo, che nel 2020 è diventato campione continentale di e-Football vincendo gli e-Europei di Pes con la Nazionale italiana.

Nicaldan è anche un coach e si sta specializzando in queste vesti sul titolo rivale, Fifa. Il suo cambio di ruolo è, in piccolo, una testimonianza dell’espansione del mondo e-sport. «Ormai molti team e-sport crescono come struttura aziendale, e la maggior parte ha nel suo staff coach, medici, social media manager, psicologi, personal trainer. Ma anche a livelli più alti: le società crescono nel numero di manager, negli uffici marketing e comunicazione».

Ormai molti team e-sport crescono come struttura aziendale, e la maggior parte ha nel suo staff coach, medici, social media manager, psicologi, personal trainer

Nicola Lillo

I numeri

È per questo che gli e-sport – secondo molti osservatori – nei prossimi anni avranno un fortissimo boom in termini di occupazione. Una ricerca di Samsung Electronics Italia in collaborazione con GWI ha certificato come le preferenze in questo ambito si siano decisamente evolute in Italia. Dai dati emerge che il 23,7% del campione preso in esame afferma di dedicare al gaming più tempo di quanto non facesse prima della pandemia. Un dato che acquista ancora più importanza nel segmento 16-24 anni, con il dato che sale al 33,6%.

Una ricerca sul mondo e-sport presentata nel corso di Round One, l’evento dedicato alle imprese attive nel settore, ha rivelato l’impatto economico generato dagli sport elettronici in Italia. Per la creazione di lavoro e affari, l’indotto ammonta a 45-47 milioni di euro, di cui 30 milioni a livello diretto e oltre 15 milioni indiretto. La stima è stata elaborata da Nielsen nel report Landscape del settore esport in Italia, commissionata da Iidea (Italian Interactive & Digital Entertainment Association), l’associazione di categoria dell’industria dei videogiochi in Italia, e dalla società di consulenza Ninetynine.

Guardando l’impatto diretto – quindi tutto ciò che è collegato all’occupazione nel settore – il 65% (20,4 milioni di euro) proviene dai team e-sport, seguiti dagli organizzatori con il 16% (5,1 milioni) e dai publisher con il 4% (1,1 milioni). Il restante 15% (5 milioni di euro) deriva da società che, per esempio, forniscono sale dedicate oppure produttori hardware, sviluppatori e altri.

L’indagine, integrata con dati elaborati da Nielsen Sports, è stata condotta fra team, organizzatori, publisher e altri operatori. Il ritratto del settore è quello di un nuovo medium e di una piattaforma di intrattenimento con grandi capacità di coinvolgere gli utenti rispetto ai media tradizionali. «Gli e-sport – si legge nel report – offrono opportunità di sponsorizzazione attrattive anche per brand non endemici, cioè esterni a questo comparto, e la possibilità di creare nuove competenze specialistiche nonché opportunità professionali».

L’aumento di sponsorizzazioni è, come in tutti i settori, legato a una crescita della fanbase: rispetto al 2019, quando i numeri erano poco sopra il milione, oggi i fan sono oltre 1,62 milioni, riportava Iidea lo scorso maggio. «Il settore e-sport in Italia – spiega Marco Saletta, presidente di Iidea – sembra meritevole di essere preso in considerazione come ambito di possibile investimento sia da parte del privato che del pubblico per le sue potenzialità di crescita».

Il settore e-sport in Italia sembra meritevole di essere preso in considerazione come ambito di possibile investimento sia da parte del privato che del pubblico per le sue potenzialità di crescita.

Marco Saletta, presidente di Iidea

Le problematiche

Un settore caratterizzato dall’elevata produttività delle sue risorse, secondo Tommaso Mattei, consulente responsabile per l’Europa di Nielsen Sports & Entertainment: «Considerando anche la continua crescita della fanbase, è sempre più urgente riuscire a definire una strada comune insieme a istituzioni e privati per superare le criticità di tipo tecnologico e regolamentare che ne frenano l’ulteriore sviluppo industriale e occupazionale».

Chi è da anni nel settore lamenta soprattutto una carenza regolamentare, che in un certo senso è la stessa che affligge il mondo sportivo italiano: nello sport italiano, fatta eccezione per alcune oasi, non esiste il professionismo; a maggior ragione, quindi, non esiste qualcosa di paragonabile nel neonato mondo degli e-sport.

«Non c’è una federazione che regolarizza i contratti e il professionismo. Nel resto del mondo un atleta e-sport è riconosciuto come atleta e sportivo, in Italia siamo videogiocatori, siamo ragazzi con un joypad in mano. Non ci sono diritti e doveri», dice Alessandro Panebianco, cofondatore del team e-sport Hexon che collabora con la Fiorentina nei tornei di Fifa.

Nel resto del mondo un atleta e-sport è riconosciuto come atleta e sportivo, in Italia siamo videogiocatori, siamo ragazzi con un joypad in mano.

Alessandro Panebianco, cofondatore di Hexon

L’assenza di un inquadramento e di una regolamentazione chiara crea soprattutto scompensi con l’estero, in un mercato globale e apertissimo in cui per un giocatore è fin troppo facile passare da un team a un altro, soprattutto se ci sono squilibri enormi in termini economici.

Anche l’indagine elaborata da Nielsen indica tra i principali ostacoli all’ulteriore crescita degli e-sport in Italia l’assenza di incentivi o agevolazioni economiche da parte delle istituzioni, la difficoltà nel reperire figure già pronte con competenze verticali e il gap tecnologico a livello di infrastrutture e di rete tra le varie aree del Paese.

«Questo crea un problema di sostenibilità del modello di business per chi prova a lavorare con gli e-sport: i club esteri notano i talenti italiani, li mettono sotto contratto a cifre che noi non possiamo permetterci, così però si indebolisce l’intero movimento italiano: molti team, anche quelli più famosi, stanno chiudendo perché non riescono a competere a certe cifre», spiega Panebianco.

Rispetto ad altri settori, le conseguenze del Covid-19 sugli e-sport sono state minori. In alcuni casi l’emergenza ha dato addirittura una spinta per la diffusione del gaming competitivo, sia in termini di gioco – quindi di utenti attivi – sia in termini di pubblico.

Di |2024-07-15T10:06:42+01:00Gennaio 14th, 2022|futuro del lavoro, Innovazione, MF|0 Commenti