Fosca Giannotti: Serve una serie tv con donne informatiche
Dirigente di ricerca al Cnr di Pisa con un background in computer science, Fosca Giannotti si occupa da 20 anni di data mining e machine learning. Temi che oggi finiscono tutti sotto il cappello dell’intelligenza artificiale. Un campo di ricerca che, nell’immaginario comune, viene spesso associato a un gruppo di maschi chiusi in una stanzetta circondati da pc, cavi, server, ecc. Una descrizione che non si cura dell’altra metà del cielo composto da ricercatrici donne come Giannotti, che con la loro sensibilità e i loro sforzi contribuiscono a preservare quella diversità necessaria nelle discipline che puntano a dare forma alla società di domani. E nel frattempo affrontano e risolvono i problemi quotidiani: «Fra i maggiori progetti di ricerca che attualmente coordino, c’è SoBigData: una piattaforma che mette in rete una dozzina di centri di ricerca europei con l’obiettivo di mettere a disposizione le tecnologie sviluppate nell’ambito della big data analytics ad altri campi di ricerca al fine di favorire, secondo la filosofia dell’open science, la maggiore collaborazione possibile e un approccio interdisciplinare a temi diversi».
Qual è la presenza delle donne nella data science?
La presenza delle donne nel campo della data science è intorno al 35%. Per dare un’idea, pure i fisici hanno un gender balance migliore.
Quali sono le barriere per l’ingresso delle donne in questo campo?
È una storia lunga, che inizia molto spesso in famiglia, nel tessuto socio-culturale. Dal mio punto di vista, quello di una persona che incontra le ragazze nella parte finale del proprio percorso di studi, posso dirle che di solito sono più brave dei maschi. Lo dicono i numeri e i voti. Tuttavia, quelle più promettenti preferiscono scegliere la sfida di medicina piuttosto che le facoltà informatiche. In questo senso, nel tempo penso ci sia stata una grande diminuzione di attrattività. Quando io mi sono iscritta nel 1977 il bilancio fra donne e uomini era 40-60, ma non avevamo la percezione di essere una minoranza. Col passare degli anni, l’informatica ha dato una visione arida di se stessa allontanando possibili candidate. L’immagine del nerd, quello che passa dalla PlayStation al coding, è stata ammantata da un’aura di inutilità: in collegamento virtuale con tutto il mondo, ma sempre chiuso dentro la propria cameretta. Un ritratto che non attrae la sensibilità femminile.
Diverso, invece, il caso di altre discipline.
Pensi alle serie tv. In Grey’s Anatomy le donne hanno il potere e si assumono le stesse responsabilità dei colleghi maschi. Fatiche comprese. Anzi, nel frattempo piangono, ridono, si innamorano, hanno dubbi. Diverso il discorso della serie Big Bang Theory in cui i protagonisti sono principalmente maschi e con punte di asocialità che nel personaggio di Sheldon raggiungono punte critiche. Se, per quanto riguarda l’informatica, ci fossero figure di riferimento diverse, anche la nostra disciplina ne beneficerebbe. Come accade, per esempio, con le serie poliziesche dove sempre più donne che decidono di fare legge possono contare su modelli di investigatrici al centro della scena.
Di solito le ragazze sono più brave dei maschi. Lo dicono i numeri e i voti. Tuttavia, quelle più promettenti preferiscono scegliere la sfida di medicina piuttosto che le facoltà informatiche
Eppure i campi di applicazione in cui le donne possono fare la differenza non mancano.
Per niente. Pensi alle questioni dei flussi migratori, al social good, al benessere soggettivo e a tutte quelle tracce in cui la società si manifesta e che le ragazze possono affrontare in modo migliore grazie alla propria sensibilità e al supporto quantitativo della computer science.
In che modo un maggiore coinvolgimento femminile potrebbe favorire lo sviluppo della computer science?
Chi fa ricerca ora nell’ambito dell’intelligenza artificiale sta piantando i semi di quella che sarà la società del futuro. Il rischio è che nel lasciare tale operazione a una sola categoria di ricercatori si costruisca un domani che esclude piuttosto che includere le diverse componenti delle nostre comunità. Insomma, se alla progettazione partecipano più sensibilità e idee diverse, tanto meglio. A partire dall’ambiente lavorativo, dove l’eterogeneità è un valore fondamentale e un piacere che crea meno tensioni e stress. Si fa più gioco di squadra.
Se, per quanto riguarda l’informatica, ci fossero figure di riferimento diverse anche la nostra disciplina ne beneficerebbe. Come accade, per esempio, con le serie poliziesche
In questa direzione va anche il finanziamento da 2,5 milioni di euro per cinque anni che le è stato assegnato dal Consiglio europeo della ricerca.
Sì, nel senso che utilizzerò i fondi per sviluppare ulteriormente il progetto Explainable AI attraverso il quale puntiamo a realizzare una migliore interazione fra intelligenza artificiale ed essere umano affinché quest’ultimo abbia sia gli strumenti per interpretare i meccanismi di funzionamento del software, sia la possibilità di difendersi da eventuali bias o malfunzionamenti. Pensando all’assegnazione o meno di un mutuo bancario a causa di un profilo di rischio considerato troppo alto, per esempio, l’idea è quella di ricostruire il più possibile la logica utilizzata dall’intelligenza artificiale per arrivare a quella decisione. Al momento siamo solo sulla punta dell’iceberg.
In quanto donna, in che modo il lavoro di ricercatrice ha impattato sulla sua vita privata?
Le risponderò in due modi. Il primo è provocatorio: farebbe una domanda simile a un uomo? Il secondo, invece, è più analitico. Questo appunto emerge da una situazione reale: spesso la donna ha sulle spalle l’organizzazione e la gestione della famiglia. Io mi ritengo fortunata perché vivo in Toscana, una Regione in cui il welfare state funziona molto bene, e faccio un lavoro più flessibile di altri che mi permette di organizzarmi a livello famigliare. Certo i miei figli hanno anche strisciato sui pavimenti di tante sale conferenze e la mia casa forse è meno ordinata di altre, ma in compenso ho avuto la possibilità di confrontarmi con una comunità di professionisti altamente qualificata, interessante e cosmopolita. Insomma, se dovessi dare un consiglio alle ragazze che si avvicinano alla computer science o sono dubbiose se prendere questa strada o meno, direi che questa è una disciplina che ti apre al mondo, ti fa viaggiare e ti concede la giusta flessibilità per coltivare altri interessi. A loro volta utili per una ricerca di qualità.