Viaggio alla scoperta di Human Technopole, il nuovo hub italiano dell’innovazione medica
«Non vedo l’ora di essere qui tra cinque anni». Dalla sala riunioni al quarto piano di Palazzo Italia, Patrick Vincent condivide il suo entusiasmo. Pur avendo alle spalle importanti esperienze in ambito scientifico in tutto il mondo (in Francia, ad esempio, è stato nominato CEO dell’ESA, il più grande istituto francese di istruzione superiore per l’agricoltura e le scienze della vita; in Giappone, invece ha contribuito alla nascita dell’Okinawa Institute of Science and Technology), l’ingegnere-manager non nasconde la grande emozione per il lancio ufficiale della nuova realtà che lo vede protagonista. Siamo nell’area dell’ex Expo 2015 di Milano, all’interno dell’edificio che ne è stato il simbolo: ora, questo stesso edificio diventerà il quartier generale di Human Technopole, quello che presto sarà uno dei più grandi centri di ricerca medica e scientifica in Europa. Un polo che metterà insieme ricercatori, università e ospedali, studiando cure per il cancro e le malattie neurodegenerative, come l’Alzheimer, attraverso le più sofisticate tecnologie ad oggi disponibili in ambito scientifico.
«Si tratta di un’opportunità unica nel suo genere», spiega Vincent, che qui occupa il ruolo di Head of Operations, incaricato della gestione del personale amministrativo e delle attività di Human Technopole a livello operativo. Un lavoro incredibile, viste le dimensioni del progetto: un totale di sette centri di ricerca di altissimo livello, dotati delle attrezzature più all’avanguardia e capaci di attrarre e ospitare ricercatori e scienziati provenienti da tutta Europa, se non da tutto il mondo. Attraverso la contaminazione fra mondo accademico, realtà scientifiche e istituzioni ospedaliere, l’obiettivo è infatti quello di portare la medicina nel futuro, qualificando Milano come un centro di eccellenza per tutto il Paese. Genomica, analisi di grandi dati, diagnostica innovativa ed elaborazione di nuove terapie sono il cuore delle attività che avranno luogo in questo nuovo hub dell’innovazione, il cui scopo è quello di cambiare il paradigma medico verso cure sempre più personalizzate, accessibili da tutti e ovunque.
[legacy-picture caption=”” image=”3ab05d35-90ff-4f58-b3c1-3d20d3c3efe4″ align=””]I centri saranno guidati da scienziati provenienti da realtà già affermate, come il Max Planck Institute of Molecular Cell Biology and Genetics di Dresda, l’Institute of Cancer Research di Londra e il Wellcome Genome Institute di Cambridge. «Individuare i direttori dei centri di ricerca è lo sforzo maggiore», racconta Vincent. Dalle finestre di Palazzo Italia si vedono i prati dove sorgeranno i centri di ricerca. Perché Human Technopole è, per il momento, soprattutto un grandissimo sforzo di immaginazione. Sgombrati i vecchi padiglioni di Expo, in quest’area di 30mila metri quadrati si ergeranno gli edifici di microscopia (i lavori partiranno a gennaio), un data center da 10 petabyte che arriverà fino a 100 petabyte e intorno all’Albero della vita (altro simbolo di Expo 2015) i primi laboratori temporali. Perché sì, si inizierà a lavorare ancora prima che le strutture siano finite.
Human Technopole si inserisce in quello che è il più grande progetto chiamato Milano Innovation District (MIND), un parco della scienza, del sapere e dell’innovazione sull’area Expo che vuole diventare «un ecosistema dell’innovazione, un catalizzatore di opportunità per la crescita socio-economica del paese» ma anche «una vera e propria città nella città che guarda al futuro con una visione che coniuga l’aspetto scientifico, accademico e di cura dell’ambiente». Insieme ai quattro edifici principali di Human Technopole, qui prenderanno vita anche il nuovo campus dell’Università degli Studi di Milano, la nuova sede dell’ospedale Galeazzi, spazi per le imprese e anche un Lab-Hub per l’innovazione Sociale e lo Sviluppo Sostenibile, sviluppato dalla Fondazione Triulza, sfruttando e integrando la struttura del vecchio sito. Il decumano di Expo, il grande viale che collegava fra loro i padiglioni, ad esempio, diventerà uno dei più lunghi parchi verdi in Europa, lungo 1,5 chilometri. Uno spazio che sarà totalmente aperto alla cittadinanza, composto da un sistema di corti pubbliche e semi-pubbliche che garantiranno l’aggregazione sociale e lo sviluppo di luoghi per lo sport e per il gioco, orti urbani e aree mercatali, «il tutto in un ambiente tecnologicamente avanzato e innovativo», spiega il sito di MIND. Ci sarà anche un quartiere driverless e a mobilità leggera: il primo che offrirà innovazione visibile e alla portata di tutti.
[legacy-picture caption=”” image=”55147b7f-043b-4355-8172-d7e75c28f74e” align=””]Dalla terrazza di Palazzo Italia è ben visibile il cantiere della nuova sede dell’ospedale Galeazzi: gli operai sono solo al quarto piano, in totale ce ne saranno 16 – con spazio per 680 medici, 140 ambulatori, 33 sale operatorie, 338 camere di degenza e 430 docenti e studenti universitari. Aprirà nel 2021, seguito a ruota dalle facoltà scientifiche della Statale nel 2024-2025. In appena cinque anni, l’area ha visto la costruzione degli edifici, un Expo che ha accolto milioni di visitatori, la decisione di come reinventare il sito e la restaurazione completa degli interni di Palazzo Italia. «Tempistiche da record che sfidano le migliori eccellenze internazionali», come ha osservato anche Marco Simoni, presidente della Fondazione Human Technopole.
Ad oggi a Palazzo Italia lavorano 40 persone, ma già entro fine anno ce ne saranno 135: qui sono già ospitati i vertici di Human Technopole e gli amministrativi, che presto saranno seguiti da 150 data scientist. L’età media è di 42 anni e c’è già una buona rappresentanza femminile. Per ogni nuova posizione che si apre, vengono ricevute tra le 80 e le 100 candidature. Nonostante l’altissimo livello di specializzazione, già numerosi sono infatti i ricercatori che da tutta Europa presentano la loro candidatura a Human Technopole. Il team finale sarà internazionale al cento per cento e attento all’equilibrio di genere, «perché si tratta di fattori che sono centrali al successo», spiega Vincent.
A ciascuno sarà offerto un contratto di lavoro di cinque anni, rinnovabile fino a dieci. Per favorire lo spostamento e l’inserimento di nuove giovani famiglie, il palazzo ospiterà anche un asilo nido aziendale. «Interi progetti sono nati all’interno degli asili nido», dice il manager sorridendo. La sfida si gioca tutta sulla mobilità internazionale (i ricercatori sono infatti abituati a spostarsi di continuo; per definizione il loro mestiere è globale) e sulla capacità di cavalcarla per consentire alle persone, e quindi alla ricerca, di progredire nel modo più fluido possibile. «Dobbiamo guardare a quelle che sono le barriere e abolirle una ad una», spiega ancora Vincent. L’obiettivo è sia di consentire a ricercatori italiani emigrati all’estero di tornare in Italia, sia di dare l’opportunità a scienziati internazionali di venire per la prima volta a Milano. Una vera e propria «circolazione di cervelli», ha ricordato lo stesso Simoni.
[legacy-picture caption=”” image=”38dd64a4-a2ce-4bc5-8e34-aa330428aea2″ align=””]Le persone, infatti, «sono e saranno al centro del nostro lavoro», spiega Vincent. «Non si tratta solo di dotarci delle migliori attrezzature, ma tutto deve essere funzionale ad attrarre i migliori ricercatori e talenti». Il contesto promette già di essere attrattivo al massimo per qualsiasi ricercatore: Human Technopole si è già dotata di un microscopio Crio-M, largo 8 metri, capace di vedere la struttura atomica della proteina. «In Europa ce ne sono nove, qui ce ne saranno due: potranno essere usati da qualsiasi ricercatore italiano che ne abbia bisogno, facendo application per progetti», ha spiegato Simoni. Per gestire un meccanismo simile, Vincent ha già iniziato a circondarsi di professionalità che lo aiutino nello sviluppo del piano. Per consentire ai ricercatori di lavorare bene, è infatti necessario un team amministrativo altrettanto numeroso e qualificato. Non solo in fase di progettazione, ma anche dopo: posto che Human Technopole sarà aperto a tutti, per consentire al massimo lo scambio con l’università e l’ospedale, la macchina amministrativa dovrà essere ben oliata. «La sfida più grande per le operations è di consentire a questo potenziale di svilupparsi al meglio», dice Vincent. «Le operazioni richiedono profili speciali, perché si lavora a cavallo tra una realtà privata e una realtà accademica, quindi bisogna trovare un equilibrio. Le stesse operazioni dovranno svilupparsi in maniera molto vicina e in sincronia con l’attività dei ricercatori. Una volta fatto questo, siamo sicuri che l’effetto spin off sulle imprese e l’industria, poi, verrà da sé», puntualizza Vincent. Ciascun centro di ricerca avrà al suo interno unità di ricerca ciascuna fino a 10 ricercatori tra tecnici, postdoc, ingegneri e scienziati, per un totale di 100 persone in ciascun centro. «Il 2020 sarà un anno incredibile», dice Vincent. «Continueremo ad assumere fino al 2025, poi ci sarà l’apertura ufficiale dell’edificio chiave».
Posto che la ricerca sta già diventando un pilastro dell’economia milanese, la strada appare spianata. «Milano è il contesto ideale per far nascere questa idea», dice Vincent. «Posso immaginarmi che qualcuno pensi “è un progetto troppo ambizioso, ci vuole troppo tempo”, ma è sempre così. Qualsiasi amministrazione ha dei limiti e obblighi, ma la visione dell’amministrazione comunale e del governo l’hanno reso possibile».
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