R come Rinascita: 101 storie di manager che si sono rimessi in gioco
«Noi non ci fermeremo, non ci stancheremo di cercare il nostro cammino». Potrebbe essere questo il motto della Generazione R come Rinascita, tratto dai versi di una celebre canzone di Eros Ramazzotti. Sono i manager di età compresa tra i 30 e i 60 anni che, in piena pandemia, hanno deciso di rinascere professionalmente, frequentando la business school del Politecnico di Milano. Le loro 101 storie sono contenute nel libro del giornalista Filippo Poletti dal titolo “MBA Power: innovare alla ricerca del proprio purpose”. Si tratta di donne e uomini con formazione di base scientifica o umanistica che si sono messi in gioco, che sono andati oltre i propri limiti, che con umiltà e professionalità hanno voluto tornare sui banchi di scuola a imparare. Per cercare nuovi stimoli, migliorarsi, scovare nuove soluzioni e nuove idee, imparare a dare supporto nei momenti in cui se ne percepisce la necessità.
Le motivazioni
«Quando tutto si ferma – sintetizza Emanuele Lauria, ingegnere con la vena poetica – hai modo di guardare oltre l’orizzonte della quotidianità e di riflettere sul futuro». Sì, perché di fronte al mondo paralizzato dalla pandemia descritto da Katia Papova, serviva «migliorarsi per uscire più forti», aggiunge Paolo Chianese: si sentiva l’esigenza di «restare coraggiosi, vivi», notano bene Valeria Sava e Massimiliano Terrani. In fondo, ricorda Tommaso Fincato, i mesi del master hanno permesso a tutti gli alunni di alleggerire, almeno nella testa, la cappa della pandemia.
Le loro storie
Nei racconti c’è la sensibilità rosa della “donna con la valigia”, come si definisce lei, Flavia Tosel e quella di Silvia Tagliafico, iscrittasi al master il giorno stesso in cui i medici le confermarono che il cuore di Beatrice Nina batteva fortissimo con ritmo binario nel suo grembo. Ci sono AnaRita Ferreira, diventata “trismamma” durante l’MBA e Vanessa Ottone, che senza intermittenza del cuore narra di aver seguito da New York una lezione di corporate finance dopo tre giorni che aveva dato alla luce il suo secondo figlio. Altrettanto emozionante è il racconto di Giovanna Roversi: «Non dimenticherò mai la lezione di supply chain dall’ospedale, dove poche ore prima era venuta al mondo la mia prima bimba, Bianca. Me la porterò nel cuore per la sensazione di famiglia che mi hanno trasmesso i compagni e i professori, e per la forza di volontà e fisica che ho scoperto di avere».
Tra le pagine del volume si scorrono le storie di vita di chi ha lasciato la patria per venire a studiare in Italia: Alejandra Mateus Guzmán ha salutato la Colombia, Milenka Domic il Cile, Gabriela Basaldua il Perù, Thayana Rigo Caser dalla Bolivia ha ritrovato a Milano il sangue dei bisnonni, mentre Heyang Wang ha preso l’aereo dalla Cina per puntare sulla Lombardia.
Molti di loro hanno approfittato del momento, e della consapevolezza maturata con il master per lanciare una startup. È il caso di Alessandro Giudici con Ecircular.it, di Ghaieth Guerine focalizzato sull’eSportainability, di Walter Mancarella attento all’economia circolare nell’ambito dell’industria del lusso. Oppure, ancora, con la piattaforma di home restaurant assieme a Sara Bertolini, Roversi e Cristofaro Surano: una fratellanza, quest’ultima, intenzionata a farsi impresa.
Il bisogno di formarsi a tutte le età
I racconti di questi manager testimoniano il desiderio, il bisogno, di percorrere le vie della formazione a tutte le età, uscendo dalla propria comfort zone. Stefania Bianco, citando lo storico Edward Gibbon, scrive: «Il vento e le onde sono sempre a favore dei navigatori più abili». Tra le testimonianze, Maccallini stimola a riflettere sulle ragioni di intraprendere il viaggio dell’Mba partendo dalla letteratura: «L’imperatore stremato – scrive citando le Memorie di Adriano di Marguerite Yourcenar – era andato a sedersi sulla ghiaia a contemplare le torbide acque del Golfo Persico. Per la prima volta fu sopraffatto dall’immensità del mondo, dal terrore della vecchiaia, da quello dei limiti che ci rinserrano tutti».