Le raccomandazioni dell’OMS per la cura della salute mentale sul posto di lavoro
Negli ultimi due anni e mezzo, con l’esplosione della pandemia da Covid-19 e la graduale consapevolezza di dover convivere con il virus, il tema della salute collettiva si è imposto come uno dei principali argomenti di discussione nell’opinione pubblica in tutto il mondo. L’attenzione verso il benessere è cresciuta, mettendo a fuoco un tema che prima era spesso sottovalutato: la salute mentale.
La pandemia ha avuto conseguenze sull’equilibrio psicologico di ognuno, portando alcuni a rivalutare le proprie priorità di vita, altri a dare una svolta sul fronte privato o professionale. Ma in tanti, tra la paura del contagio e la crisi economica, hanno anche sperimentato forme d’ansia, depressione e sbilanciamento degli equilibri emotivi. Così, improvvisamente, abbiamo preso consapevolezza di fattori che incidono – e hanno sempre inciso – sulla capacità di risolvere i problemi e fronteggiare le avversità della vita. Questo è vero nella sfera privata, ma anche quando si parla di lavoro.
Attualmente si stima che circa 12 miliardi di giornate lavorative vadano persi ogni anno a causa di depressione e ansia, con un danno all’economia globale di quasi un trilione di dollari. Ciò ha portato l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) a pubblicare le sue linee guida sulla salute mentale sul posto di lavoro, in cui per la prima volta è raccomandata la formazione dei manager per prevenire l’instaurarsi di ambienti di lavoro stressanti e fornire risposte ai lavoratori in difficoltà. L’OMS ha inoltre redatto, insieme all’Organizzazione Internazionale del Lavoro, un documento sul tema rivolto anche ai governi.
Gli adulti in età da lavoro che risultano avere problemi di natura mentale a un certo punto della propria vita sono il 15%, con oltre 300 milioni di persone nel mondo che soffrono di ansia, 280 milioni di depressione, 64 milioni di schizofrenia o bipolarismo (dati aggiornati al 2019, quindi prima della pandemia) e oltre 700mila che muoiono per suicidio ogni anno. Persone con gravi disabilità psicologiche e disturbi mentali più seri sono spesso escluse dal lavoro a causa di discriminazione e stigma sociale, nonostante la partecipazione alle attività economiche sia considerata importante per il recupero.
In generale, una buona condizione di salute mentale genera un buon ambiente di lavoro, e a sua volta un buon ambiente di lavoro genera una buona condizione di salute mentale. Al contrario, condizioni di lavoro difficili, pericolose o stressanti in termini di carico e relazioni con i colleghi possono contribuire significativamente al peggioramento delle condizioni psicologiche. Diversamente dal bullismo in età scolare, poi, gli abusi subiti dagli adulti sul luogo di lavoro destano generalmente poca attenzione.
L’OMS consiglia l’implementazione di piani per migliorare le capacità dei lavoratori di far fronte allo stress, come interventi basati sulla mindfullness o su approcci cognitivo-comportamentali.
Nelle sue linee guida, l’OMS fornisce indicazioni di salute pubblica su diversi livelli. Dal punto di vista generale, raccomanda di considerare l’attuazione di interventi sui fattori di rischio psicosociale, attraverso approcci partecipativi e il miglioramento della comunicazione e del lavoro di gruppo. Per quanto riguarda la formazione dei manager, dovrebbero essere migliorate conoscenza e cura verso la salute mentale dei dipendenti, che spesso segnalano un bisogno di aiuto attraverso comportamenti che rimangono invisibili a causa della scarsa consapevolezza dei superiori.
Per i lavoratori, si raccomanda una formazione volta a migliorarne la conoscenza generale del tema della salute mentale al lavoro, anche per quanto riguarda i fenomeni di stigma sociale. Individualmente, l’OMS consiglia l’implementazione di piani per migliorare le capacità dei lavoratori e delle lavoratrici di far fronte allo stress, come interventi basati sulla mindfullness o su approcci cognitivo-comportamentali. Ed elenca possibili attività fisiche per migliorare, alla fine, la qualità del lavoro: resistenza, forza, aerobica, camminata, yoga.
La salute mentale, d’altronde, rappresenta sempre più una priorità per i lavoratori, come dimostrano i dati della ricerca “Global Workforce of the Future” del Gruppo Adecco, secondo cui la metà dei lavoratori a livello globale è preoccupata della propria salute mentale, con il 35% che afferma di voler abbandonare la propria occupazione entro 12 mesi per questioni legate al bilanciamento vita/lavoro e all’eccessivo stress.
Il report spiega però che solo un terzo delle persone usa le giornate di riposo per curare la propria salute mentale, e soltanto il 17% si prende una pausa dal lavoro se non si sente emotivamente e/o mentalmente bene.
Si stima che la pandemia da Covid-19 abbia aumentato di oltre il 25% i disturbi d’ansia e quelli depressivi durante il suo primo anno.
Durante il Global Mental Health Summit di Roma, che ha riunito le delegazioni di oltre 50 Paesi e organizzazioni internazionali, è emersa la necessità di aumentare la consapevolezza del rispetto dei diritti umani e della dignità delle persone, la lotta allo stigma, l’approccio di comunità alla salute mentale, il benessere psicologico sul lavoro e tra bambini e adolescenti, oltre che la condivisione di buone pratiche di prevenzione e assistenza.
Pochi giorni prima, il 10 ottobre, si è celebrata anche la Giornata Mondiale della Salute Mentale, promossa dalla Federazione mondiale della salute mentale e supportata dall’OMS: La giornata, in vigore dal 1992, quest’anno era intitolata “Rendi la salute mentale e il benessere per tutti una priorità globale”.