Mai così tante donne fra i giovani dirigenti
Cresce il numero delle donne manager e la dirigenza delle aziende si colora sempre più di rosa. «Nel 2019, ultimo dato disponibile fornito dall'Inps, le donne occupavano il 18,3% delle posizioni fra i dirigenti privati (erano il 17,6% l’anno precedente), ma ben il 32,3% considerando quelli under 35 e il 28% tra gli under 40. La loro forte crescita è continuata anche nell’ultimo periodo, che ha visto negli anni scorsi il numero dei dirigenti riprendere a salire dopo il calo dovuto alla crisi iniziata nel 2008. Infatti, dal 2008 al 2019 i dirigenti privati sono diminuiti del 3% (-5% a fine 2017), -10% gli uomini, ma +49% le donne. Anche nell’ultimo anno, quando i dirigenti sono invece aumentati in modo più sostenuto (+1,1% 2019/2018), sono cresciute quasi solo le donne (+5%), a fronte del +0,2% degli uomini». Così Luisa Quarta sintetizza i dati dell’ultimo Rapporto Donne di Manageritalia, (clicca qui per scaricarlo) federazione nazionale dirigenti, quadri ed executive professional del commercio, trasporti, turismo, servizi e terziario avanzato. La Federazione associa oltre 37mila manager ed è presente sul territorio nazionale con 13 associazioni.
[legacy-picture caption=”Luisa Quarta, coordinatrice del Gruppo Donne Manager di Manageritalia Lombardia” image=”adc68604-7d16-4b02-b7ff-ea39b8c9e454″ align=”right”]Luisa Quarta è la coordinatrice del Gruppo Donne Manager di Manageritalia Lombardia, nato per promuovere la partecipazione delle donne alla vita associativa e valorizzarne il ruolo nel tessuto economico e sociale.
«La rincorsa delle manager, che quest'anno ha toccato vette mai raggiunte, continua con forza e il "peso femminile" tra i dirigenti under 35 e under 40 è di buon auspicio per il prossimo futuro». Specifica Quarta: «Il numero delle donne manager è in continuo aumento da anni. Questo è probabilmente dovuto al fatto che le giovani che entrano nel mondo del lavoro hanno spesso livelli formativi pari, quando non superiori, agli uomini. Va però evidenziato anche un miglioramento, seppure ancora troppo debole, della cultura del merito e del valore della diversity nelle aziende e nella società».
Tra le regioni più “rosa” svettano sul podio Molise (30%), Sicilia (25,5%) e Lazio (24,1%); a seguire a pari merito Basilicata e Lombardia (20%). A fondo classifica troviamo terzultima la Calabria (14,6%) e, addirittura sotto il 10% di peso femminile, l’Abruzzo (9,3%) e il Trentino-Alto Adige (9,2%).
Se nelle regioni e province più piccole spesso il limitatissimo numero di dirigenti e le imprese familiari possono incidere non poco, in Lombardia, nel Lazio e nelle province economicamente più avanzate il fenomeno è marcato e destinato ad aumentare. Naturalmente la Lombardia (10.171 donne dirigenti, 48,2% del totale nazionale) è trascinata da Milano (8.251, 39,1% del totale nazionale) e insieme sono la regione e provincia con la maggiore presenza numerica di donne dirigenti, seguono Lazio (4.312, 20,4%) e Roma (4.165, 19,7%).
[legacy-picture caption=”” image=”a6e2ead4-c2ee-4b0c-b723-340bf6b46bc1″ align=””]Nonostante questi dati per Quarta «c’è ancora tanto da fare e noi da anni lavoriamo per favorire prima di tutto un cambiamento culturale, ma agiamo anche con azioni concrete. Un esempio è “Un Fiocco in Azienda”, un programma per aiutare genitori e aziende ad affrontare serenamente la maternità e facilitare il rientro in azienda delle mamme. Da più di un decennio abbiamo inoltre il programma “Cambia il Lavoro con Produttività & Benessere” che, come sbocco finale, porta nelle aziende progetti di smart welfare, smart working, intergenerazionalità e work-life balance».
La crescita delle donne dirigenti è supportata e rafforzata anche dai numeri dei quadri privati, manager a tutti gli effetti e vero serbatoio per la futura dirigenza. Qui oggi le donne sono il 30,4% a livello generale, il 37% tra gli under 35 e il 34,3% tra gli under 40. Lazio (34,9%), Sardegna (34,3%) e Lombardia (32,2%) si confermano le regioni più rosa. In questo caso i quadri, cresciuti del 17% dal 2008 al 2019, vedono le donne aumentare del 40% e gli uomini invece del 9,3%.
«È importante notare», sottolinea la coordinatrice, «come il settore dei dirigenti privati, e in particolare quello del terziario, vedano crescere in modo cospicuo il peso delle donne. Un fattore legato, nella dirigenza privata e soprattutto in aziende multinazionali, alla valorizzazione del merito e comunque ad anni di politiche volte alla valorizzazione della diversity e di un lavoro produttivo, ma smart».
[legacy-picture caption=”” image=”dd70e90d-1339-44b7-baa1-086d913c4fd8″ align=””]Fuori dalla rilevazione è rimasta la pandemia da Covid19. Luisa Quarta però è sicura che, nonostante sia possibile che la tendenza di crescita rallenti o si arresti nell'immediato, la lezione della crisi potrà avere un effetto positivo sul lungo periodo. «La pandemia ci ha mostrato che possiamo lavorare da casa. Sarà subito il caso di passare da un emergenziale home working a un virtuoso smart working», chiarisce la coordinatrice, «Deve cambiare anche e soprattutto l’organizzazione del lavoro, facilitata dalla normativa e spinta dalle necessità competitive delle aziende. Un passo ormai non più rimandabile che avrà notevoli vantaggi in termini di work-life balance, benessere, produttività e competitività per persone e aziende. E in questo caso noi manager abbiamo tanto da fare e da dare».
Qualcosa che per la manager è necessario fare subito. «Come evidenziato ed estremizzato nell’ultimo anno da quanto avvenuto nelle famiglie, con la chiusura delle scuole e la presenza dei figli a casa tutto il giorno protratta per mesi, i carichi familiari sono sbilanciati quasi solo sulla donna. E quando non si può più contare sui nonni per occuparsi dei nipoti, a causa del distanziamento forzato, l’equilibrio già precario tutto sulle spalle delle donne non regge più», conclude Quarta, «dobbiamo passare a un’organizzazione del lavoro intelligente e capace di favorire, in ottica win win, benessere e produttività di persone e aziende. Ma smart dobbiamo diventare anche nella vita familiare e sociale evitando di pesare sempre e comunque sulle donne. È un obiettivo che richiede un forte cambio culturale e reale e anche supporti a livello di servizi per le incombenze familiari».
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