Digitali e sostenibili, ecco le nuove professioni della moda
Anche la moda, dopo la pandemia, non sarà più la stessa. L’emergenza sanitaria ha impresso una svolta decisiva a un mondo già proiettato a un futuro diverso, grazie al digitale e alla sostenibilità. Consumi e fruizione sono stati stravolti e hanno costretto le case di moda e gli stilisti a immaginare un futuro alternativo. «L’intero mondo della moda sta subendo una profonda rivoluzione, iniziata già prima del Covid-19, che adesso sta attraversando una decisa accelerata. In questo i nuovi media hanno contribuito molto: fino a poco tempo fa sarebbe stato impensabile vedere Miuccia Prada in un live talk su TikTok», commenta Cristina Cancer, Head of Alumni, Career Service and Industry Relations dell’Istituto Marangoni di Milano. L’impressione è che siamo soltanto all’inizio.
Una nuova fase di cambiamento
In questo lungo anno di pandemia, il consumo è decisamente cambiato. A fine 2020 i consumi nel settore moda hanno registrato un calo del 23,5 per cento rispetto al 2019, con una perdita di fatturato stimata intorno ai 51,4 miliardi di euro. Comprendendo i settori collegati, il dato sale a quota 68,7 miliardi (-23,8% rispetto al 2019).
Secondo un report di McKinsey del 2020, la pandemia ha sviluppato un cambiamento dirompente inaspettato, innescando nuovi equilibri e dinamiche a cui i brand manager di tutto il mondo non erano affatto pronti. L’intera catena del valore del settore è destinata a essere stravolta e, una volta terminata la pandemia, l’accelerazione digitale, il consolidamento del settore e la sua innovazione così come la sostenibilità sono destinati a restare nell’agenda degli stakeholder del settore.
«A causa della pandemia, abbiamo dovuto imparare a convivere con la mancanza del pubblico dalle passerelle e dai luoghi principali del settore. Oltre alle tendenze di lungo periodo già presenti, anche questo stato di necessità ha obbligato tutti a reinventarsi e ciò che si è imparato durante quest’anno è destinato a rimanere», sostiene Cancer. Proprio per questo sono nate le sfilate virtuali e le presentazioni di capi e accessori in realtà aumentata. «È realistico pensare che presto potremo vedere un mondo in cui i capi non si indossano più fisicamente ma virtualmente. Sarebbe una vera rivoluzione fatta soprattutto per incontrare i gusti dei Millennial e della Gen Z, che ormai vivono la moda in maniera molto diversa da noi», conclude Cancer.
Fino a poco tempo fa sarebbe stato impensabile vedere Miuccia Prada in un live talk su TikTok
Le nuove professioni
Per questa ragione, sono nate nuove professioni in grado di coniugare stringenti necessità e nuove esigenze. «Il digitale ha portato alla nascita di figure come l’e-commerce manager, il digital market manager, il copywriter legato ai nuovi media o il data analyst: queste sono tutte figure che trasferiscono nel virtuale le conoscenze di un mondo che prima potevano essere espresse in presenza e oggi non più», dichiara Cancer.
Conoscere e intercettare il gusto dei consumatori e delle nuove generazioni su Internet è importante, ma lo è anche ridisegnare le sfilate a seconda dei nuovi spazi. L’ultimo esempio in ordine di tempo è la presentazione di “Olympia”, la nuova borsa Burberry che tutti i compratori e le compratrici hanno potuto ammirare da vicino grazie alla tecnologia 3d di Farfetch. «Oltre ai social media c’è una spinta digitale molto importante anche nella creazione di programmi digitali e 3D che possano rendere più immersiva l’esperienza dello spettatore. Così nasce il 3D virtual designer, colui che riesce a disegnare gli abiti sfruttando la realtà aumentata», sostiene Cancer.
In tutto questo non va tralasciato un altro fattore-chiave per le nuove generazioni, quello della sostenibilità. «L’attenzione all’ambiente e al riciclo la dobbiamo soprattutto alle giovani generazioni. Sono loro che hanno posto l’attenzione sulle emissioni e sugli sprechi legati al fast fashion». Anche così si spiega la nascita di figure professionali come il reseller. Secondo il Circular Fashion Report 2020, il mercato della moda circolare ha un valore potenziale di 5mila miliardi di dollari, il 63% in più dell’industria della moda tradizionale. A spingerlo sono soprattutto i giovani: infatti, come evidenzia I-D, «il 50 per cento dei Millennial e della Generazione Z acquisterà sempre più prodotti second hand quest’anno, cercando nei pezzi del passato la risposta a trend di stagione sempre più ripetitivi». Le piattaforme virtuali certamente non mancano: la più usata oggi è Vinted, nata nel 2012, che conta 45 milioni di utenti.
È realistico pensare che presto potremo vedere un mondo in cui i capi non si indossano più fisicamente ma virtualmente
I progetti
In un contesto di questo tipo è sicuramente importante formare figure in grado di reggere una simile sfida lavorativa. «All’Istituto Marangoni siamo i primi a esserci attivati con una serie di corsi specifici per adeguarci alle richieste del mercato», puntualizza Cancer.
Un altro esempio è la partnership tra Domus Academy Milano e Rinascente per l’avvio del progetto “Conscious Fashion Retail Experience”, svoltosi tra aprile e giugno. La prima fase ha visto collaborare studenti e futuri studenti con video interviste direttamente dallo store e tre workshop cross-disciplinari, nei quali gli studenti hanno lavorato sulla progettazione di una nuova esperienza di acquisto. La fase successiva ha previsto un workshop accademico con il coinvolgimento di tre diversi master, interconnessi tra loro, per affrontare lo stesso tema da punti di vista differenti, valorizzando la multidisciplinarietà su cui si basa l’approccio formativo utilizzato all’interno di Domus Academy Milano. Al termine del workshop, agli studenti spetta il compito di riunire le singole proposte per comporre una strategia complessiva capace di tener conto di tutti gli aspetti di presentazione, vendita e comunicazione.