Innovazione, pmi, formazione: cosa prevede il piano Colao per il 2020-2022
A pochi giorni dall’inizio degli Stati generali dell’economia, Vittorio Colao, ex amministratore delegato di Vodafone e capo della task force per l’emergenza economica scatenata dal Coronavirus, ha presentato il suo piano per la ripartenza del Paese.
Un dossier di 121 slide, dall’istruzione al lavoro e alle imprese, che secondo i calcoli dovrebbe valere 170 miliardi, fra misure da implementare subito e altre da consolidare nel corso dei prossimi due anni. La ricetta infatti copre il periodo 2020-2022, ma punta a gettare le basi per uno sviluppo duraturo. Valori centrali: digitalizzazione e innovazione, parità di genere e inclusione e rivoluzione verde, da applicarsi a sei ambiti di intervento: imprese e lavoro; infrastrutture e ambiente; turismo, arte e cultura; pubblica amministrazione; istruzione, ricerca e competenze; individui e famiglie.
In un’intervista al Financial Times, lo stesso Colao ha spiegato come la crisi attuale rappresenti un’opportunità unica per portare l’Italia nel futuro, azzerando per esempio la piaga del mercato nero grazie alla enorme mole di pagamenti digitali. «Per quanto sia stato una disgrazia, il virus ha consentito al Paese di raggiungere in due mesi un livello di sviluppo del digitale che altrimenti avrebbe raggiunto in cinque anni. Il distanziamento sociale ha obbligato molte piccole realtà imprenditoriali a digitalizzarsi all’improvviso», ha detto il capo della task force.
Con il decreto Cura Italia e il decreto Rilancio, il governo ha puntato a mettere in campo le basi per la ripresa, stanziando fondi per ammortizzatori sociali e finanziamenti per le aziende per impedire licenziamenti di massa. Ma grandi sforzi e visione sono richiesti in un momento di enorme difficoltà economica e sociale: sono questioni destinate ad aggravarsi se non si prenderanno provvedimenti adeguati. «Siamo in un momento in cui rischiamo di perdere imprese, capitale umano e fisico che in tempi normali era produttivo, e ora rischia di non esserlo più. Bisogna passare da una fase di protezione a una di ripartenza, per aiutare il Paese a rimettersi in moto», commenta Andrea Garnero, economista del lavoro presso la Direzione per l’Occupazione, il Lavoro e gli Affari Sociali dell’Ocse.
Il distanziamento sociale ha obbligato molte piccole realtà imprenditoriali a digitalizzarsi all’improvviso
Il piano Colao, in questo senso, «è ricchissimo di proposte, di cui alcune anche relativamente dettagliate e originali», dice Garnero. Se fra gli interventi più immediati sul fronte delle imprese, ad esempio, c’è l’erogazione di una liquidità di sopravvivenza, la rimozione del contagio da Coronavirus dalle responsabilità penali del datore di lavoro e la facilitazione di aumenti di capitale, al tempo stesso vengono messe in campo misure di più ampio respiro per rafforzare le pmi e gettare le basi per uno sviluppo sostenibile, a partire dal sostegno alle startup innovative tramite agevolazioni fiscali e l’aumento dei massimali per gli investimenti annui.
Sul fronte del lavoro, lì dove il piano prevede nel breve termine misure come il rinnovo dei contratti a tempo determinato in scadenza e il rinvio del pagamento delle imposte, nel lungo periodo lo spettro si allarga, arrivando a proporre di incentivare l’adozione di nuove competenze digitali a livello manageriale e di riqualificare disoccupati e cassintegrati attraverso l’istituzione di uno specifico “fondo per le competenze”. Si punta in tal senso a incentivare lo smart working, anche attraverso l’introduzione di un codice etico a tutela dei lavoratori, e a muoversi verso un piano per la copertura nazionale della rete in fibra e lo sviluppo delle reti 5G. Il piano prevede anche il varo di un sussidio specifico per il digital divide, sostanziato in voucher per sostenere l’accesso alla banda larga delle fasce meno abbienti.
Anche sul fronte della sostenibilità bisognerebbe muoversi verso una rivoluzione green che tocchi le grandi infrastrutture (dai bacini idrici ai porti e le ferrovie) tanto quanto la quotidianità delle persone, attraverso uno specifico piano nazionale della mobilità.
E per la formazione? Il piano Colao si propone sia di modernizzare il sistema della ricerca, attraverso la creazione di poli di eccellenza scientifica e il potenziamento delle misure per la parità di genere, che di accelerare l’acquisizione di competenze a scuola tramite progetti digitali specifici, combinati con misure per l’orientamento e l’inserimento di un’offerta di istruzione terziaria professionalizzante, anche a livello universitario.
Insomma, il piano Colao mette in campo un gran numero di proposte per iniziare a immaginare il futuro. Ma per arrivarci ci sono una serie di limiti e rischi “strutturali”. «Il problema è la volontà e capacità politica di fare ciò che serve. In Italia storicamente si è scontata un’incapacità di portare i provvedimenti a terra, aggravando quei gap (digitale, di genere, territoriale fra nord e sud) che viviamo tuttora. Non sono ritardi che riusciremo a recuperare in pochi mesi», puntualizza Garnero.
Bisogna capire come strutturare lo smart working in termini di spazi fisici, per non avere incombenze familiari, e poi regolarlo in modo che non diventi uno strumento di segregazione
Decisioni nette e chiare andrebbero adottate e implementate il prima possibile, con una programmazione precisa e di lungo respiro. L’incentivazione dello smart working, per esempio, «offre delle possibilità molto importanti di flessibilità e bilanciamento fra vita privata e lavoro, ma dipende da come è organizzato, non è qualcosa che si può improvvisare», avverte l’esperto.
Se in emergenza si è avuta un’accelerazione positiva in questo senso, muovendosi per il passaggio «da un paradigma in cui la performance si misurava in ore lavorate e presenza fisica sul posto di lavoro» ad uno in cui «la produttività si misura per obiettivi, dando l’autonomia necessaria al lavoratore per raggiungerli», dice Garnero, adesso tutto questo va progettato. «Bisogna capire come strutturare lo smart working in termini di spazi fisici, per non avere incombenze familiari, e poi regolarlo in modo che non diventi uno strumento di segregazione, magari per le donne che restano a casa a seguire i figli mentre gli uomini vanno in ufficio a far carriera».
Le questioni economiche e sociali sono collegate. Si tratta di sfide non facili, ma necessarie per costruire un futuro più produttivo, efficiente ed equo rispetto al presente. Ma attenzione: per l’esperto, finora, nella programmazione economica del governo per la ripartenza del Paese, si trova ancora un grande assente a cui bisogna dare risposte: i giovani. «In ogni crisi, sono quelli che pagano di più e che subiscono le conseguenze più durature nel corso della propria vita, pagando sia sul mercato del lavoro che a scuola e all’università», dice Garnero. «Credo sia necessario mettere in campo un piano specifico, anche partendo dai fallimenti passati. La Francia sta in questi giorni discutendo di un piano giovani. Se c’è uno strumento che va utilizzato, è il Recovery Fund: dato che prendiamo in prestito soldi che in futuro dovranno ripagare i giovani di oggi, allora che ne siano protagonisti in prima persona».