Distanziamento, mascherine e smart working: come funzionano i protocolli aziendali anti-Covid
Firmato il 15 marzo, in pieno lockdown, e poi integrato a fine aprile, in vista della ripresa delle attività, il protocollo fra governo, sindacati e rappresentanze delle imprese per la riapertura dei luoghi di lavoro in sicurezza è stato fra le prime azioni intraprese durante l’emergenza coronavirus in vista della ripartenza.
Posto l’accordo fra tutti gli attori coinvolti sulla necessità di conciliare la prosecuzione delle attività con la garanzia delle condizioni di salute e sicurezza degli ambienti, alle aziende è stata data una discreta libertà di scelta: hanno avuto la possibilità di considerare anche la riduzione o la sospensione temporanea delle attività, tramite il ricorso agli ammortizzatori sociali, e l’uso ampio dello smart working, così da limitare le situazioni di rischio sanitario.
Da quando l’attività è ripresa, per tutti valgono una serie di misure essenziali: uso della mascherina, orari di ingresso e uscita scaglionati e una generale riorganizzazione che consenta di ridurre al massimo i contatti e sanificazione giornaliera degli ambienti. Tredici i capitoli del protocollo generale, che poi le aziende hanno integrato in diversi modi al proprio interno. Ecco qualche esempio di come hanno fatto.
Ferrari
Dopo essersi prontamente attivata, già a febbraio, per formare un comitato di emergenza e reperire i dispositivi di protezione individuale, l’azienda del cavallino si è preparata ad hoc per la fase due, presentando a inizio aprile il progetto “Back on Track” per la ripartenza aziendale.
Il punto di forza? È nato grazie alla collaborazione con un pool di virologi ed esperti ed il patrocinio della Regione Emilia Romagna. Se la prima fase della riapertura delle sedi di Maranello e Modena ha preso in considerazione le linee guida siglate con governo e sindacati, le misure sono poi state integrate con competenze specialistiche all’interno della stessa azienda.
Fra queste, si è provveduto a fare uno screening dei lavoratori su base volontaria, così come delle loro famiglie e dei fornitori. Inoltre, è stata data a ciascun lavoratore la possibilità di dotarsi di una app per avere un supporto medico sanitario nel monitoraggio della sintomatologia del virus. L’app ha un funzionamento simile a quello della piattaforma governativa Immuni: in sostanza, consente in caso di positività al coronavirus di ricostruire i contatti della persona, e di provvedere velocemente alla riduzione delle possibilità di diffusione del contagio.
Altro punto degno di nota, ai propri lavoratori l’azienda offre un servizio di assistenza sanitaria e psicologica, telefonica e domiciliare. Addirittura, se positivi al Covid, viene fornita una copertura assicurativa specifica e un alloggio adatto all’autoisolamento, con assistenza medica e infermieristica a domicilio e supporto di materiale sanitario, dalle medicine all’ossigeno in caso di problemi più gravi.
Un progetto davvero integrato e ampio, volto a garantire la sicurezza di tutti, per questo applaudito e considerato un modello “da copiare”.
Gucci
Anche il noto marchio di moda ha firmato un protocollo per la riapertura già a partire dal 15 marzo, seguito poi da quello specifico firmato il 16 aprile da Confindustria Moda e le organizzazioni sindacali. Già durante l’emergenza l’azienda si era distinta per alcune importanti azioni: una donazione da 2 milioni di euro per la lotta al Covid, la partecipazione ad un crowdfunding e la conversione temporanea alla produzione di mascherine.
Il 20 aprile, poi, l’azienda ha riaperto il laboratorio Art Lab di prototipi per pelletteria e calzature di Scandicci. All’interno, prima dell’inizio del turno di lavoro è stata prevista la sanificazione completa, accompagnata anche da un tampone di superficie di controllo, sessioni a distanza di informazione e formazione preventiva ai lavoratori, e una turnazione specifica nei luoghi di lavoro così da evitare assembramenti. Oltre alla misurazione della temperatura all’ingresso, ai dipendenti viene fornito giornalmente un kit anti-contagio costituito da 3 mascherine, 2 paia di guanti,1 paio di occhiali protettivi. Ai dipendenti è poi stato consigliato di evitare i mezzi pubblici per andare al lavoro: per evitare forme di carpooling, l’azienda ha fornito auto aziendali ai dipendenti che erano sprovvisti di un mezzo.
Con la riapertura dei negozi il 18 maggio, Gucci ha infine sottoscritto un protocollo per la sicurezza dei lavoratori con i Cobas. Fra le altre cose, sono state installate barriere in plexiglass alle casse e la fornitura di 4 mascherine al giorno e di occhiali protettivi ai commessi. Al protocollo ha collaborato anche il virologo Roberto Burioni, che in azienda si sta occupando della formazione in teleconferenza con i lavoratori su prevenzione e rischi del Covid-19.
Piaggio
Anche Piaggio ha firmato un protocollo d’intesa con le organizzazioni sindacali per garantire ai lavoratori la massima sicurezza sanitaria. Negli stabilimenti dell’azienda a Pontedera è prevista la sanificazione quotidiana e la fornitura di kit di protezione individuale a tutti i lavoratori. La misurazione della temperatura corporea avviene tramite termoscanner, tutti i lavoratori hanno a disposizione dispensatori di gel igienizzante per le mani, e per attività specifiche e soggetti con particolari patologie è previsto lo smart working.
Consorzio alberghi di Abano Terme
Nel complesso termale – il più grande d’Europa, con le sue 107 strutture alberghiere e 5mila dipendenti – situato ad Abano, Montegrotto e Colli Euganei, il protocollo adottato ha la forma di un paper vero e proprio, prodotto dal Centro Studi Termali Pietro d’Abano, al quale ha collaborato anche il professor Giorgio Palù dell’università di Padova e della Temple University di Philadelphia.
Sanificazione degli spazi comuni e delle camere degli ospiti, indicazioni precise per check in e check out, l’obbligo di mantenere le distanze di sicurezza, le modalità per l’utilizzo di palestre e piscine, la somministrazione delle inalazioni termali e le cure con i fanghi, più uno specifico protocollo quando si presenta un caso sospetto sono al cuore delle linee guida, pensate per un contesto alberghiero con in più le terme. Un impegno preciso per tutelare un comparto turistico che produce un fatturato di 350 milioni all’anno.