Quando la tecnologia è inclusiva
Per riabilitare chi ha subito un infortunio, o migliorare la quotidianità di chi ha una disabilità fisica o cognitiva, le terapie sanitarie da sole spesso non bastano. E nemmeno la tecnologia, da sola, fa miracoli. Quando però le due componenti trovano una sintesi scatta la scintilla. È il caso di Maps For Easy Paths, progetto del Politecnico di Milano con cui si è cercato di trovare una soluzione per indicare percorsi agevoli a chi ha una disabilità motoria. Questa app – disponibile per ora solo per i cellulari Android – esteticamente, oltre che nel nome, ricorda Google Maps, con un asso nella manica in più: ovvero la capacità di informare sull’accessibilità di quel determinato tratto di strada. L’app consente infatti di postare messaggi relativi alle barriere architettoniche disseminate sul tragitto ed essere aggiornati anche in tempo reale. Dal marciapiede non praticabile per il parcheggio di motorini o mezzi in sharing, alla strada con i ciottoli dissestati, fino all’accessibilità delle fermate dei mezzi pubblici. Dai treni ai bus e le metro, altro elemento che concorre nella definizione dei tempi per raggiungere una meta. Si tratta di un’applicazione che ritaglia un ruolo da cittadino attivo a chiunque (con o senza disabilità) desideri segnalare la presenza di barriere architettoniche.
L’intreccio tra solidarietà e soluzioni tecnologiche è estremamente evidente anche in Magika, un’invenzione sviluppata dal Politecnico di Milano che rende un’aula scolastica un luogo dove i bambini con disabilità intellettiva possono imparare giocando. In questo caso ricercatori hanno pensato a uno spazio “smart” ricco di luci e proiezioni immersive sulle pareti, ma anche di musica, suoni e profumi. Il progetto sperimentale è attivo all’interno della scuola media statale Curiel di Cornaredo, nell’hinterland di Milano. I bambini vengono coinvolti in giochi di associazione tra stimoli visivi e uditivi, in giochi di classificazione di oggetti e in attività progettate per potenziare la memoria. In questi luoghi il gioco e l’apprendimento sono stimolanti per tutti, ma in particolare per bambini con disabilità motorie o disturbi cognitivi, tra cui l’autismo.
Si punta soprattutto alla formazione delle autonomie per giovani con disabilità cognitive gravi, nel “Guardaroba virtuale”: ogni ragazzo veste un avatar, distinguendo, nella selezione, gli abiti estivi da quelli invernali. Tra le altre soluzioni tecnologiche, spicca il tool che genera sottotitoli durante la lezione per i ragazzi con problemi di udito o la versione ingrandita della lezione in corso per chi è affetto da ipovedenza, e persino la telecamera che segue il labiale del professore, riportando l’immagine sul pc in dotazione allo studente. «Per il Politecnico è importante sia offrire ai propri studenti le migliori tecnologie disponibili, sia partecipare a progetti di ricerca per contribuire a migliorare quanto disponibile», spiega Alessandro Campi, delegato del rettore del PoliMi per disabilità e disturbi dell’attenzione.
C’è poi robot caregiver – destinato in particolare alle persone anziane – propone esercizi, validati insieme ad equipe di clinici, attraverso cui verifica le capacità cognitive della persona e il livello di attività nel corso della giornata, per esempio attraverso solette nelle scarpe, ricorda i farmaci da assumere, propone di chiamare figli e nipoti e di giocare a carte con amici in connessione virtuale. Insomma, il robot è un interlocutore nella giornata dell’anziano, che suggerisce una vita sana e promuove la socialità, cercando di monitorare la persona e di riconoscere segni di declino cognitivo così da comunicarli all’utente, ai suoi familiari e ai clinici che lo hanno in cura. I robot caregiver hanno anche altri vantaggi: a differenza dei caregiver “umani”, non diventano mai impazienti, non dimenticano mai un farmaco o un appuntamento. Un esempio che va in questa direzione è stato il progetto europeo MoveCare. La piattaforma robotica sviluppata integra tre funzionalità principali: il monitoraggio trasparente delle condizioni psicofisiche dell’anziano tramite oggetti sensorizzati, l’assistenza nello svolgimento di attività quotidiane come la ricerca di oggetti smarriti o il supporto alla terapia, e la proposta di una serie di attività fisiche e cognitive da svolgere da soli o con altri all’interno di uno spazio virtuale in modo da promuovere la socializzazione. MoveCare è stato testato anche in Italia su circa 25 pazienti in cura al policlinico universitario Tor Vergata di Roma per circa 2 mesi a fine 2022 con buoni risultati in termini di soddisfazione e usabilità.
Mia Hand è invece la prima protesi miolettrica di un arto superiore a essere del tutto personalizzabile esternamente. Ed è la prima protesi che ha ottenuto il Compasso d’Oro 2022 del design industriale. Si tratta di una mano robotica sviluppata da Prensilia Srl, spin-off della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa. Figlia di un lungo periodo di progettazione e ricerca da parte di Prensilia, azienda toscana con sede a Pontedera, a oggi questa particolare protesi è la più forte e veloce sul mercato: la sua forza di presa massima è infatti 70 Newton e la chiusura completa della mano avviene in 280 ms (millisecondi). «Il nostro obiettivo – spiega Francesco Clemente, managing director di Prensilia – è sviluppare una tecnologia che sappia essere inclusiva e adattabile alle esigenze delle persone. Questo prestigioso riconoscimento valorizza il nostro impegno nella realizzazione di una protesi di arto superiore che non solo è capace di offrire prestazioni elevate, ma che consente a chi la indossa di sentirsi a proprio agio, grazie al design personalizzabile in molteplici configurazioni».
Con l’avanzare dell’età, lo sport, nelle sue forme più tradizionali, diventa spesso proibitivo per limitazioni fisiche e per rischio di infortuni. Qui, il tema della robotica entra di nuovo in pieno e va a colmare quel sottile gap che si crea fra attività sportiva e fisioterapia, da alcuni indicato con il termine attività sportiva adattata. La frontiera è quella dei robot indossabili che alleviano l’azione richiesta ad alcune articolazioni e permettono un allenamento a ridotto rischio. Si è dimostrata l’efficacia di questo tipo di affiancamento, infatti il beneficio sistemico allenante viene amplificato dall’affiancamento del robot, pur essendo il carico di lavoro ridotto, come mostrato nel progetto Cyberlegs++. Questa esperienza è attiva con due test in corso alla Fondazione Don Gnocchi, nell’Irccs omonimo a Firenze, dove l’attuale sfida è allargare il raggio d’azione: un robot di questo genere non è disponibile per un largo consumo dati gli alti costi connessi, ma potrebbe diventare uno strumento per palestre di alto profilo che vogliono offrire servizi adeguati e sicuri allargando il loro mercato a persone anziane e/o con disabilità parziali. Il tutto, con un impatto sociale enorme.
È invece alto 60 centimetri, pesa 17 chilogrammi, “cammina” a 6 chilometri l’ora, ma soprattutto viene manovrato da remoto da chi ha una disabilità fisica. Si chiama Gibot e porta a domicilio a persone con disabilità, pasti confezionati in trenta gastronomie di Brescia. Gibot è il fratello minore di Gibo, l’app di food delivery dedicata ai prodotti del km0 o delle gastronomie di una volta, poi Presto Robotics, di Francesco Riccuti e Filippo Baldini, ha creato il robot che viene guidato a distanza dalla persona con disabilità, dal signore o signora anziani o dal loro caregiver e porta la spesa a casa.
L’associazione La Nostra famiglia di Bosisio Parini in provincia di Lecco si dedica alla cura e alla riabilitazione delle persone con disabilità, soprattutto in età evolutiva. Il suo laboratorio Astrolab è dotato di strumenti di avanguardia ed è lì che opera l’Irccs Medea, il centro di ricerca e istituto clinico di altissima specializzazione sul neurosviluppo. In questo laboratorio “del futuro” si incontrano ragazzi che “camminano” inserendo le gambe in un macchinario robotico che guida gli arti – che fuori dal laboratorio non consentono loro di camminare – e li accompagna in una passeggiata su una pedana. Quest’ultima è collegata a uno schermo, su cui compare un avatar del giovane paziente che aumenta la velocità a seconda dei movimenti. L’intreccio tra robotica e realtà virtuale diventa un gioco, un percorso ad ostacoli o un mondo immaginario da esplorare ed è molto motivante da un punto di vista emozionale e relazionale. Risultato: si affinano le funzioni motorie e cognitive. «Il senso della nostra ricerca – spiega Massimo Molteni, direttore sanitario de La Nostra Famiglia – sta proprio nel tentativo di realizzare macchine più leggere e alla portata affinché il bambino possa fare riabilitazione a casa. Questa è la vera scommessa di un servizio sanitario che guarda al futuro. I bisogni saranno sempre un passo avanti rispetto alle tecnologie acquisite, ma i risultati già si vedono». AstroLab è ampio 475 metri quadrati, suddivisi in sei locali dedicati a ospitare le attrezzature per la ricerca e la riabilitazione, un locale per la stampa 3D, quattro studi per una decina di ricercatori ingegneri. «La realtà virtuale e la robotica permettono di proporre esercizi per facilitare il controllo del movimento, l’equilibrio, la postura, il reclutamento muscolare, l’attenzione, la memoria, la coordinazione oculo-motoria, l’organizzazione visuo-spaziale e così via» sottolinea l’ingegner Gianluigi Reni, responsabile della ricerca in tecnologie applicate del Medea. «Inoltre, le ricerche degli ultimi anni dimostrano che tali esercizi sono efficaci, migliorano le funzioni cognitive e motorie e probabilmente rimodellano perfino il nostro sistema neuronale». Gli ambienti hanno nomi e scenografie suggestive, ispirate allo spazio e alla tecnologia, come l’Antro Magico, che diventa il laboratorio di realtà virtuale immersiva e di analisi del movimento in tempo reale. Qui i giovani pazienti si trovano immersi in un locale che si trasforma via via in un bosco, un lago, una montagna innevata, un labirinto, un parco giochi, o in qualunque scenario sviluppato dal team dei ricercatori.
E il futuro? Tra le mille risposte da cercare ne spicca una sull’autismo. Medea ha attivato la piattaforma win4asd che mette in rete i pediatri con servizi specialistici di neuropsichiatria infantile. Obiettivo: la diagnosi precoce.