Migliorare la salute mentale di insegnanti e alunni grazie a un progetto Ue


Responsabilità, fatica, incombenze burocratiche, confronto continuo (delicato e talvolta problematico) con gli alunni, con le famiglie, con i colleghi. Il lavoro dell’insegnante è, spesso, sottoposto a un forte stress che può avere ricadute anche sul benessere degli alunni. Per rispondere (anche) a queste difficoltà e promuovere la salute mentale di studenti e docenti a scuola, è nato tre anni fa il progetto Promehs – Promoting Mental Health at Schools che ha coinvolto 6mila studenti di sei Paesi europei, i loro insegnati e le famiglie.

Recenti studi mostrano che circa il 20% dei bambini manifesta disagi scolastici e, spesso, queste difficoltà cominciano prima dei 14 anni. C’è quindi bisogno di interventi tempestivi e la scuola offre un contesto ideale per la promozione della salute mentale, lavorando già con bambini di 5-6 anni.

Nonostante molte iniziative siano già state avviate, una attenta analisi delle politiche educative nazionali a livello europeo mostra come l’attenzione al benessere nei contesti scolastici non sia ancora una priorità, e manchino programmi di cui sia stata verificata sperimentalmente l’efficacia nel promuovere la salute mentale a scuola.

Eppure, attraverso attività mirate che coinvolgono docenti e studenti, è possibile incrementare le loro competenze sociali ed emotive. Lo dimostrano i dati raccolti al termine della fase di sperimentazione di Promehs. Il progetto di ricerca, finanziato dall’Unione Europea all’interno dei Bandi Erasmus+, è stato condotto in sei Paesi (Croazia, Grecia, Italia, Lettonia, Portogallo, Romania) ed ha interessato diecimila studenti e i loro insegnanti. Nel percorso sono state coinvolte anche le famiglie.

In Italia hanno partecipato 1.400 studenti, dalla Scuola dell’Infanzia alla Secondaria di II grado, e 500 insegnanti della Lombardia e del Piemonte. A realizzare lo studio è stata una rete internazionale di ricercatori, autorità pubbliche, network scientifici e associazioni di cui l’Università di Milano-Bicocca è stata capofila.

I partecipanti sono stati divisi in due gruppi: quello sperimentale, che ha preso parte alle attività di Promehs nell’anno scolastico 2020-2021, e quello di controllo che è venuto in contatto con il Programma solo a fine ricerca. Le attività finalizzate alla promozione della salute mentale andavano dal disegno alla costruzione di storie, alla drammatizzazione.

Dai risultati delle prove effettuate prima e dopo la fase sperimentale è emerso che il tipo di intervento proposto è efficace anche in realtà socioculturali tra loro differenti come quelle dei sei Paesi coinvolti. I riscontri significativi si sono avuti sia tra i docenti, in particolare per quanto riguarda l’auto-efficacia nella gestione della classe, sia tra gli studenti che hanno incrementato le capacità di comprendere le proprie e le altrui emozioni, di costruire relazioni interpersonali positive e di prendere decisioni in situazioni sfidanti.

Per quanto riguarda i risultati in Italia, tra gli insegnanti coinvolti nella sperimentazione è stata osservata una forte crescita della resilienza.

Tra gli studenti, i miglioramenti più marcati sono stati rilevati tra i bambini della Scuola Primaria e i ragazzi della Secondaria di I grado, che hanno mostrato un incremento significativo soprattutto nella capacità di riconoscere le proprie emozioni. La presenza di comportamenti sociali positivi è aumentata in tutti gli studenti, in particolare in quelli della Secondaria di I grado. È stata appurata, inoltre, una riduzione dei problemi di comportamento.

I manuali messi a punto dal network di ricerca costituiscono un vero e proprio curriculum che potrebbe diventare uno strumento di supporto per gli insegnanti qualora – come auspicato dagli esperti coinvolti nel progetto – fosse inserito nei percorsi formativi per la promozione della salute mentale. «I promettenti risultati della sperimentazione Promehs – Promoting Mental Health at Schools mostrano come sia possibile attuare un programma efficace che metta al centro la scuola come contesto privilegiato per promuovere la salute mentale», spiega Ilaria Grazzani, docente di Psicologia dello Sviluppo e dell’Educazione presso il Dipartimento di Scienze Umane per la Formazione dell’Università di Milano-Bicocca e coordinatrice del progetto internazionale. «Entro un anno il programma sarà reso disponibile commercialmente e chi lo utilizzerà potrà contare sulla formazione da parte del gruppo di ricerca».

Il team italiano, che si è avvalso per la sperimentazione della collaborazione del MIUR e dell’Ufficio Scolastico Regionale per la Lombardia, è composto anche da Veronica Ornaghi, Valeria Cavioni, Elisabetta Conte, Francesca Micol Rossi, Alessia Agliati e Sabina Gandellini.

Vale la pena ricordare che in Italia abbiamo la quota di insegnanti giovani più bassa al mondo (il 59% del corpo docenti ha più di 50 anni), e che maestri e professori sono tra i soggetti più a rischio di sviluppare sindromi di burnout: l’Inail pubblicò  i primi (e ultimi) dati già nel 2012. Nel frattempo però si è continuato a sottostimare tale fenomeno, come una verità probabilmente scomoda e destabilizzante.

 

 

Di |2024-07-15T10:07:03+01:00Marzo 3rd, 2023|Formazione, Inclusione Sociale, MF|0 Commenti
Torna in cima