Sandra Mori, Valore D: Più donne al lavoro? Significa più ricchezza per il Paese. E io ve lo dimostro.
La parità tra uomini e donne sembra ancora lontana in Italia, almeno in un settore: il mondo del lavoro. Lo dicono i numeri: l’occupazione femminile nel nostro Paese è a quota 48,8% (un dato che non si toccava dal 1977, ma comunque basso rispetto al 65% di quella maschile e all’80% delle donne occupate in Svezia, per esempio), il 24% delle neomamme viene licenziata dopo il primo figlio e tra gli amministratori delegati di grandi aziende solo il 3% è rappresentato da esponenti del gentil sesso. Insomma, quello della piena occupazione delle donne rimane ancora un traguardo da raggiungere e i cambiamenti, che pure ci sono, avvengono con tempi molto rallentati rispetto all’urgenza di rimettere in moto l’economia. Un obiettivo che si potrebbe facilmente conseguire, ancora, favorendo l’espressione dei talenti femminili: basterebbero 10 punti percentuali in più di occupazione femminile per dare una scossa al Pil.
Per cambiare la situazione, o quantomeno accelerare il processo di cambiamento in atto è nata Valore D, associazione di imprese che promuove la diversità, il talento e la leadership femminile per la crescita delle aziende e del Paese. Fondata nel 2009 da un piccolo gruppo di aziende virtuose, oggi conta più di 150 imprese associate, unite nello sforzo di interlocuzione con le istituzioni e di formazione del personale, soprattutto dirigente, delle aziende operanti in Italia affinché colmino un gap che non ha più ragione di esistere. Soprattutto perché causato da motivazioni essenzialmente culturali, come sottolinea la presidente di Valore D, Sandra Mori, General Counsel-Europe Group di Coca-Cola: «Nel nostro Paese, come del resto in tutto il bacino del Mediterraneo, alla donna spetta tradizionalmente il ruolo di cura della famiglia, dai figli ai genitori anziani», spiega. «E questo rappresenta il primo ostacolo a che le donne riescano a inserirsi nel mondo del lavoro, che non a caso è sempre stato organizzato da uomini in base ai loro tempi. È un cane che si morde la coda: visto che le donne non sono mai entrate nel mondo del lavoro, il mondo del lavoro non è tarato sui tempi delle donne, e le penalizza».
Una situazione che in Italia è migliorata, finora, grazie alle iniziative portate avanti da grandi aziende, multinazionali e non, mentre il gap di genere fatica a colmarsi nelle piccole e medie imprese, vera ossatura del nostro sistema produttivo. Sandra Mori snocciola esempi di imprese virtuose: «Me ne vengono in mente diverse: Eni, Trenitalia, Snam, Luxottica. Tutte realtà che hanno compreso come la promozione di una effettiva parità e un ambiente di lavoro equilibrato non è soltanto un ornamento, ma porta benefici economici in termini di profitto. La diversità è ricchezza: migliora il clima in azienda, consente l’accesso a nuovi segmenti di mercato e incrementa la produttività».
[legacy-picture caption=”Presidente Valore D” image=”1bd7be90-defd-4785-8e38-de73707a5fc6″ align=””]La diversità è ricchezza: migliora il clima in azienda, consente l’accesso a nuovi segmenti di mercato e incrementa la produttività.
Nelle aziende citate e altrove, sono molteplici le iniziative e i benefit che consentono alle lavoratrici di conciliare lavoro e famiglia, ma soprattutto di esprimere pienamente i loro talenti e di scalare i gradini della carriera fino ad arrivare ai vertici: si va dai programmi di facilitazione al rientro dopo la maternità, agli asili nido aziendali fino al servizio di concierge, ovvero una figura retribuita dall’azienda, che sbrighi le commissioni al posto della lavoratrice. «Ma oltre ai sostegni diretti e agli interventi di welfare esistono anche iniziative di formazione dirette a indurre un cambiamento culturale: penso per esempio ai training rivolti ai manager di sesso maschile per eliminare i cosiddetti “unconscious bias”, stereotipi e pregiudizi cui tutti siamo soggetti in modo inconsapevole, la cui eliminazione è un passo fondamentale per realizzare un’effettiva parità».
Quanto al futuro, Sandra Mori è ottimista, e i dati le danno ragione: basti pensare che negli anni ‘60 il tasso di occupazione femminile era inferiore di 30 punti rispetto a quello di oggi. Quindi il trend è ben consolidato e porta dritto verso un aumento delle donne al lavoro. Ma per evitare che passino altri 50 anni prima di raggiungere la soglia del 70%, molto si può fare: per Mori, tuttavia, la palla deve passare alle istituzioni. «Occorre introdurre nel sistema paese misure distorsive del mercato che accelerino la parità», conclude, «provvedimenti temporanei che portino a una sorta di shock benefico. Penso a una tassazione di favore sul lavoro femminile e agli asili nido gratis: misure che hanno senza dubbio un forte impatto sul bilancio dello Stato e che per questo incontrano molta resistenza. Teniamo presente però che i vantaggi nel medio-lungo termine ripagheranno tutti gli sforzi. Un dato su tutti: se l’occupazione femminile in Italia fosse al 60%, avremmo un punto in più di Pil. A mio modo di vedere, ne varrebbe la pena».
È necessario introdurre misure del mercato distortive nel paese che accelerino l'uguaglianza.
I manager di sesso maschile devono essere formati per eliminare gli “unconscious bias”, stereotipi e pregiudizi cui tutti siamo soggetti in modo inconsapevole.