Food Industry: il futuro delle professionalità tra logistica, innovazione e sostenibilità
Secondo il World Economic Forum la logistica è tra i settori di mercato più interessati dalla digital transformation, soprattutto in relazione alla sua crescente centralità nella supply chain e nei modelli di business delle aziende. Con la pandemia e la conseguente ascesa dell’e-commerce si è assistito a un incremento delle richieste dei servizi logistici senza precedenti, basti pensare al proliferare di player digitali e startup interessati a presidiare l’“ultimo miglio” del mercato delle consegne. Ed è qui che entra in gioco il mondo del Food. L’industria agroalimentare in Italia, infatti, è anche essa in forte espansione, l’intera filiera, in modo particolare la distribuzione, si sta adattando il più velocemente possibile alle tecnologie digitali e alla nuova sensibilità culturale, per garantire maggiore trasparenza, sostenibilità e qualità, a beneficio sia del consumatore sia dell’ambiente.
Tutto sta cambiando per sempre: ruoli, competenze, processi produttivi, politiche e mission aziendali. E mentre è possibile prevedere alcune tendenze e tracciare dei percorsi, sono molti gli aspetti e le problematiche su cui è necessario continuare a interrogarsi.
Per riflettere sul presente e sul futuro della Food Industry, per capire meglio in che modo il Covid-19 ha impattato sul settore e per conoscere quali saranno le skill più richieste domani, PHYD ha organizzato il talk “Un viaggio nei percorsi professionali del settore Food”. Protagonisti d’eccellenza, Michele Silvestri, Supply Chain Manager di Müller, e Debora Guma, Group CIO di Lactalis Italia, entrambi intervistati da Laura Ghisleri, Content & Networking Director di IKN Italy.
L’importanza del piano B nella logistica
Il viaggio nel Food inizia dal prezioso contributo di Michele Silvestri sul ruolo strategico della logistica, un settore questo «da sempre ontologicamente resiliente e preparato all’imprevisto». Sono innegabili le difficoltà della distribuzione nei primi mesi del lockdown, quando nel clima di paura e incertezza la gente svuotava gli scaffali dei supermercati, e tuttavia il settore non ha fatto registrare battute d’arresto, al contrario l’esplosione delle consegne a domicilio sembra aver dato nuova linfa e vigore all’intero comparto. Per Silvestri, l’epoca della logistica è appena iniziata, mentre il suo futuro dipenderà dal modo in cui saprà reagire alle sfide che la pandemia ha messo sul tavolo, tra tutti il fattore tempo, con l’avanzare di richieste di delivery sempre più rapide. Non basterà per questo avere le giuste competenze tecniche o un mindset digitale, indispensabile sarà possedere un’attitudine alla dinamicità:
La logistica non è per chi vuole una vita tranquilla, orari d’ufficio fissi. Servono curiosità, passione, intraprendenza, capacità decisionali e di problem solving.
Bisogna essere come piloti d’aereo (e Michele Silvestri lo è davvero, come racconta nell’intervista), «bisogna sempre sapere dove andare prima di salire in cabina e prevedere un piano B. Insomma, in logistica, come in volo, non c’è spazio per l’improvvisazione.» La speranza del manager è che possa nascere una nuova generazione di logistici in grado di occuparsi non solo delle cosiddette “attività dell’ultimo miglio”, passate da fenomeno di nicchia a tendenza in poco più di un anno e mezzo, ma anche dell’intero sistema industriale. Per Silvestri, occorre usare il grandangolo, non lo zoom, essere lungimiranti, non fissi sul presente, è d’obbligo per muoversi nel mondo proattivamente e con ottimismo.
Pandemia: acceleratore di innovazione
Di boost tecnologico e d’innovazione nel settore agro-alimentare parla, invece, Debora Guma, considerata una delle donne CIO italiane più innovative. Non ha dubbi nel considerare la pandemia un importante volano d’innovazione, anche per la Food Industry, che in passato non si è mai distinta per essere all’avanguardia. Oggi sempre più aziende, compresa Lactalis, stanno invece approfittando del cambiamento culturale prodotto dall’epidemia per accelerare alcuni processi, come la dematerializzazione informatica o la cooperation con fornitori e clienti in nome della sostenibilità e di un consumo responsabile, a partire, ad esempio, dalla riorganizzazione dei flussi di supply chain.
Ma la pandemia secondo Guma ha permesso anche di puntare i riflettori di istituzioni e imprese su tematiche fondamentali per l’intera società, come la diversity&inclusion e la gender equality, tutti termini che, secondo la CIO di Lactalis, sono spesso abusati o usati come facciata da molte organizzazioni, ma che devono comunque considerarsi conditio sine qua non di ogni processo innovativo, perché per cambiare davvero, la tecnologia non basta. Occorrono le persone.
Rispetto poi alla delicata, quanto urgente, questione della valorizzazione concreta di una leadership al femminile e, più in generale, di un ambiente di lavoro al femminile che sia effettivamente inclusivo, per Guma c’è ancora molta strada da fare. Si può però iniziare da piccoli passi, come praticare l’empatia, «una caratteristica distintiva delle donne. Mi auguro, anche se i segnali non sono molto rassicuranti, che la pandemia sia servita a innalzare il livello di empatia di tutti e di tutte.» Un esercizio costante e quotidiano che ci consentirebbe d’indossare lo sguardo dell’altro, di sentirci più coinvolti e partecipi come cittadini e lavoratori. Pensare e agire consapevolmente è l’unico modo per essere preparati al futuro, qualunque forma avrà.
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