Smartphone e app: i nuovi strumenti per la formazione continua
Formarsi attraverso uno smartphone. Può sembrare strano, ma i dati in Italia sembrano incoraggiarlo: secondo il Panorama Digitale del 2020, nel nostro Paese sono presenti circa 80 milioni di device per 60 milioni di abitanti, di cui quasi 50 milioni attivi ogni giorno sul web e 35 milioni che aggiornano costantemente i propri profili social.
Se in media guardiamo lo smartphone più di 80 volte al giorno, che corrispondono a cinque volte all’ora e a una ogni 12 minuti, immaginare di trovare un piccolo spazio per la formazione professionale non sembra impossibile. «Avere un telefono cellulare può permettere di accedere facilmente a qualunque corso di formazione, anche per pochi minuti al giorno», sostiene Franco Amicucci, autore del libro “Apprendere nell’infosfera”, edito da Franco Angeli.
Formazione continua e digitale
Un tempo i processi formativi erano molto standardizzati. «La formazione continua è sempre stata impostata secondo uno stile molto classico: segui per un periodo limitato corsi ed eventi, ottieni il certificato e stop. Il passaggio al digitale diversifica il contesto», sostiene Amicucci.
«L’apprendimento professionale è simile a quando si impara una lingua straniera: serve fare pratica tutti i giorni, anche per 5 minuti. Più che una full immersion una volta ogni tanto, è necessaria la continuità». Per questa ragione il telefono torna utile. I dati Istat del 2019 lo confermano: l’89,2% degli italiani utilizza lo smartphone per l’accesso alla rete, mentre soltanto il 45,4% utilizza il pc da tavolo.
Serve fare pratica tutti i giorni, anche per 5 minuti. Più che una full immersion una volta ogni tanto, è necessaria la continuità.
Percentuali inferiori sono invece riservate a chi utilizza un laptop o un netbook (28,3%), un tablet (26,1%) oppure altre tipologie di dispositivi mobile, come e-book o smartwatch (6,7%). Come evidenzia uno studio di Deloitte, l’accesso alla rete tramite smartphone ha soprattutto un fine, quello di mantenersi aggiornati sulle ultime notizie, come ha confermato il 57% degli intervistati.
Per questo utilizzare un’app per la formazione continua può aiutare sicuramente a migliorare l’abilità cognitiva e a individuare uno stile di apprendimento più funzionale all’utente, permettendo un approccio più creativo alla soluzione di problemi sia teorici che pratici. Grazie a strumenti come quiz, video e giochi si migliora l’interattività, ma l’app fa anche molto altro: permette di creare community dovunque ci si trovi, grazie alla sua facile accessibilità. Utilizzare quindi uno smartphone permette di mantenersi informati e aumentare l’apprendimento professionale. Tuttavia non mancano le difficoltà, legate soprattutto al suo utilizzo.
I problemi relativi agli smartphone
Nonostante tutti abbiano ormai un telefono cellulare, molti non lo sanno ancora usare realmente. «Per garantire che tutti possano formarsi tramite smartphone è necessario che le organizzazioni, sia pubbliche che private, assicurino un buon livello di connessione a tutti, ma soprattutto un’adeguata competenza digitale di base», evidenzia Amicucci.
Un problema non da poco per il nostro Paese. Lo dimostrano i dati Desi 2020 sull’Indice di Digitalizzazione dell’Economia e della Società dei 27 Stati europei (più la Gran Bretagna). Il punteggio italiano è di nove punti inferiore alla media europea (43 contro 52) e questo colloca il nostro Paese al venticinquesimo posto: peggio di noi solo Romania, Grecia e Bulgaria.
I dati Istat 2019 scandagliano ancora meglio la situazione: se il 29,1% degli utenti di internet tra i 16 e i 74 anni ha competenze digitali elevate, mentre il 25,8% raggiunge appena quelle di base, il problema è rappresentato dalla parte restante. Il 41,6% degli intervistati risulta infatti avere competenze basse, inferiori allo standard minimo, mentre la parte residuale, il 3,4%, cioè un milione e 135 mila persone, non ha alcuna competenza digitale pur accedendo a Internet.
Per garantire che tutti possano formarsi tramite smartphone è necessario che le organizzazioni, sia pubbliche che private, assicurino un buon livello di connessione a tutti, ma soprattutto un’adeguata competenza digitale di base.
Anche se la disomogeneità delle fasce di età di rilevazione non aiuta: almeno il 39% della popolazione oltre i 16 anni ha competenze digitali almeno di base, con percentuali che variano a seconda dell’età e del livello di istruzione, ma può arrivare al 67 per cento nella fascia 20-24 e a meno del 15% nella fascia 65-74 anni. Per questo le organizzazioni si stanno già organizzando da tempo.
«Tutte le aziende, sia pubbliche che private, hanno iniziato a implementare processi di revert mentoring, dove il giovane insegna all’anziano gli standard minimi per una buona competenza digitale, e di prevent mentoring che permette, grazie all’intelligenza artificiale, di capire in anticipo i lavori dei prossimi 5-10 anni in modo tale da creare sin da ora le competenze adeguate», sottolinea Amicucci.
Le sfide di domani
La tecnologia può perciò darci un grosso aiuto nel comprendere il futuro del mondo del lavoro. Oggi realtà aumentata e simulatori sembrano ancora un futuro prossimo, ma sono destinati a diventare presto realtà e ad aiutare gli utenti a formarsi simulando possibili situazioni che potrebbero verificarsi sul posto di lavoro. Lo stesso vale per l’intelligenza artificiale, perché permetterà di profilare una determinata tipologia di apprendimento a seconda della necessità dell’utente, il cosiddetto adaptive learning.
In questo contesto entra anche la blockchain. «Ovviamente, perché in futuro sarà importante saper autenticare il proprio curriculum. Per questo già oggi le nuove certificazioni prevedono una protezione in blockchain così come il curriculum, in modo tale che non possa essere falsificato. Alcune aziende si sono già mosse in questo senso», evidenzia Amicucci.
«Già adesso possiamo cominciare a non dare più per scontate cose che un tempo lo erano. Per esempio, scrivere: già oggi possiamo chiederci se in futuro scriveremo ancora con carta e penna oppure solo con il computer. Altra questione è parlare le lingue straniere: molto presto la tecnologia ci permetterà di parlare fluentemente e in tempo reale qualunque lingua. Un aiuto non da poco».