I giovani? Altro che bamboccioni, oggi fanno i banchieri
“È una banca fatta dai giovani per i giovani”. È questa la definizione slogan di Youth Bank per Patrik Vesan, professore associato di Scienza politica presso l’Università della Valle d’Aosta e volontario della Fondazione Comunitaria della Valle D’Aosta. «In concreto significa che una Fondazione Comunitaria mette a disposizione un capitale, costituito dalle donazioni ricevute, ad un comitato di ragazzi dai 15 ai 25 anni che hanno il compito di usare questa dote al fine di promuovere progetti elaborati da propri coetanei che si rivolgono alla comunità località di riferimento». [legacy-picture caption=”Patrik Vesan” image=”cf1c34fb-829f-41c2-aa90-b3eee2072f86″ align=”right”]
Ogni anno le Fondazioni di Comunità procedono con una selezione per individuare la decina di ragazzi che facciano parte di questi comitati e che sono gli Youth Banker, cui viene fatta formazione per spiegare il funzionamento dello strumento e quali sono le loro mansioni.
«In primo luogo questi ragazzi devono stabilire quali saranno i temi sui quali si debba lavorare ed investire per migliorare la vita della comunità. Una volta individuati questi obiettivi dovranno scrivere uno o più bandi di utilità sociale», spiega Vesan, «bandi che dovranno costruire integralmente in autonomia. Noi “adulti” ci limitiamo a offrire assistenza tecnica e a verificare che tutto si realizzi nel rispetto della normativa vigente. Sempre loro responsabilità è promuovere i bandi rivolti a gruppi formali e informali di giovani del territorio, quindi dare vita ad una call “tra pari”. Una volta ricevute le candidature gli Youth Banker selezionano i partecipanti e infine i vincitori».
La Youth Bank è una banca fatta dai giovani per i giovani.
Le esperienze in Italia sono diverse. Tra le più importanti quelle che fanno riferimento alla Fondazione Provinciale della Comunità Comasca, alla Fondazione Mirafiori di Torino, alla Fondazione della Comunità di Monza e Brianza e alla Fondazione Comunitaria della Valle D’Aosta. «È però un’idea che nasce in Irlanda del Nord dove si cercava di mettere insieme ragazzini cattolici e protestanti di Belfast. Un modello che poi è stata esportata negli Stati Uniti. Sempre in territori complicati. Da quelle prime proposte seminali si è poi arrivati ad un format riconosciuto a livello internazionale che fa riferimento all’associazione Youth Bank International.
Esperimenti di innovazione sociale in cui si verifica l’empowerment attraverso la partecipazione pro-attiva dei giovani.
Al centro delle Youth Bank c’è il concetto di empowerment. «Un termine dal significato spesso ambiguo, di cui appare difficile il più delle volte una traduzione in proposte concrete. Un processo sempre connesso ad altri concetti come l’attivazione, la responsabilizzazione, la partecipazione e la capacitazione. In questo senso le Youth Bank sono interessanti esperimenti di innovazione sociale in cui si verifica concretamente questo empowerment attraverso la partecipazione pro-attiva dei giovani ai processi di cambiamento dal basso delle loro comunità di appartenenza».
Dalla Youth Bank si vuole fare un upgrade. «L’idea che abbiamo in mente è che i nostri progetti formativi che teniamo nelle scuole, che già oggi valgono crediti formativi, diventino progetti di impresa simulata che sia riconosciuto nell’ambito dell’alternanza scuola-lavoro e che col tempo possano diventare un elemento di mobilità internazionale in seno ai progetti Erasmus», sottolinea Vesan.
Gli importi non sono mai altissimi per una scelta precisa: «Vogliamo che i ragazzi imparino sì a gestire il denaro che mettiamo a disposizione ma anche che imparino a fare fundraising e studino format sostenibili», sottolinea il professore. Infatti la Fondazione di Comunità di Monza e Brianza ha pubblicato il primo bando nel 2014. Ogni anno la dotazione totale è sempre stata tra i 40mila e i 60mila euro per un costo massimo dei progetti di 15.000 euro ciascuno per un contributo che può valere fino e non oltre il 60% del costo complessivo. La Youth Bank della Fondazione Comasca invece mette a disposizione un portafoglio di 150.000 euro tutti da destinare a progetti d’utilità sociale, che vengono finanziati per un massimo di 10mila euro e il contributo non potrà superare il 75% del costo del progetto.
Ma perchè le Youth Bank nascono, almeno in Italia, solo in seno alle Fondazioni di Comunità? Per Vesan la risposta è semplice: «Forse è una casualità. Il motivo è che sono le prime realtà a prestare attenzione a questi temi e che hanno maggiore sensibilità su certi temi. Ma esistono in alcuni casi, in particolare nell’area comasca, progetti che poggiano anche su realtà sociali del territorio cui la Fondazione di Comunità si affida. Questo perché una Fondazione Comunitaria che fa bene il proprio lavoro è in realtà un intermediario filantropico. Una Youth Bank poi, teoricamente, può innestarsi su tantissime realtà diverse: non esistono steccati o confini netti. Certo poi ci vuole cultura del dono e del cambiamento, altrimenti il gioco non vale la candela».