Corrado Paternò Castello, l’italiano nella top 50 globale dei rivoluzionari del cibo
A giugno 2022 Corrado Paternò Castello è entrato nella classifica internazionale “50 Next” di Basque Culinary Center. Il suo merito: insieme ad altri giovani under 35, sta cambiando il futuro mondiale della gastronomia. L’impresa con cui lo sta facendo si chiama Boniviri, start up siciliana specializzata nella produzione di cibi di alta qualità, ma soprattutto sostenibili.
Da una laurea in giurisprudenza, passando per un master in sostenibilità e innovazione sociale conseguito a Parigi, il trentenne siciliano è tornato a casa per invertire le sorti di tante imprese agricole del territorio, desiderose di sbocchi solidi sui mercati business e consumer. Paternò condivide questa missione con altri tre soci: Alessandra Tranchina, Sergio Sallicano, Davide Tammaro. Risultato? Una rete di produttori innovativi che condividono un obiettivo importante: creare valore, mangiando bene.
Corrado, cosa ti ha ispirato nella creazione di Boniviri?
Le aziende agricole siciliane sembrano avere un problema in comune. Tutte fanno prodotti di eccellenza, ma hanno difficoltà a stare sul mercato in maniera sana e sostenibile. Abbiamo notato la mancanza di un ecosistema capace di assicurare questo tipo di presenza commerciale, un brand che organizzasse una rete, garantendo continuità nel tempo. Dal lato di chi compra, i produttori con piccole quantità non garantiscono la continuità sul fronte dell’approvvigionamento, spingendo gli imprenditori a vendere a brand più grandi. Con Boniviri abbiamo voluto mettere i produttori di eccellenza che hanno sposato il progetto sotto un unico brand, così da essere più robusti e appetibili sul mercato.
Come funziona il vostro modello di business?
Compriamo prodotti da 12 aziende siciliane, con cui esiste un accordo quadro. Paghiamo loro un prezzo equo per i loro prodotti e ci assumiamo in toto il rischio legato a packaging, etichettatura e commercializzazione. In questo modo, l’unica cosa a cui devono pensare è far bene il proprio prodotto.
Quali sono i prodotti di cui vi occupate?
Abbiamo iniziato nel 2020 con l’olio extra vergine d’oliva. Oggi commercializziamo spezie, tisane, miele, capperi, mandorle.
Sul vostro sito legge: «Il nostro obiettivo è creare valore sociale e ambientale con il cibo, per chi coltiva e chi consuma». Cosa significa nella pratica?
Innanzitutto siamo una società benefit, quindi abbiamo nel Dna di impresa la mission di creare valore sociale. Abbiamo anche fatto richiesta per la certificazione Bcorp. Le nostre operazioni sono guidate dalla Impact map, costruita su tre principi: rafforzare le nostre aziende agricole rendendole più prospere e sostenibili; creare prodotti eco friendly e di qualità; avvicinare il mondo di chi coltiva a chi consuma. Questi aspetti si sostanziano in una serie di azioni che mettiamo in campo sia a supporto delle aziende, come il calcolo delle rispettive carboon footprint, sia attraverso la ricerca di un packaging sostenibile, prodotti e materie prime per rispettare la biodiversità del territorio, l’utilizzo di tecniche produttive che rispettino la natura, senza dimenticare il racconto delle storie di questi produttori.
Siamo sentinelle che interpretano le richieste dei consumatori per poi tradurle in prodotti che abbiano senso a livello gastronomico.
Sostenibilità: ambientale, economica, umana. Qual è il fronte più critico secondo te?
Mantenere l’equilibrio nella filiera. Dobbiamo capire come si sta muovendo il mondo dell’agricoltura e del mercato, per poi riportare le coordinate di azione alla rete di produttori. Siamo sentinelle che interpretano le richieste dei consumatori per poi tradurle in prodotti che abbiano senso a livello gastronomico. Ma c’è un altro aspetto da tenere in considerazione.
Quale?
Anche tenere unite queste aziende agricole, alzando lo standard di qualità e sicurezza economica, significa fare sostenibilità. È importante fare network. Noi facciamo da ponte per mettere in contatto aziende e partner tecnologici, che forniscono strumenti necessari alla digitalizzazione del lavoro in campagna. In più collaboriamo alla partecipazione e scrittura di bandi per accessi a fondi di finanziamento.
Qual è stato il riscontro dei ristoratori al progetto Boniviri?
Abbiamo lavorato per creare chef che siano soprattutto degli ambassador del progetto. Collaboriamo con Luca Gubelli (Camp Zero), Robert Moretti (Musa Hotel) e altre persone che puntano su prodotti di nicchia, di qualità e sostenibili, comprendendoli e promuovendoli.
L’agricoltura è uno dei settori guardati a vista, mentre va in scena una vera e propria crisi climatica planetaria. Cosa si può e si deve fare in merito?
Da un lato, l’agricoltura è parte del problema, a causa delle emissioni che genera in fase di lavorazione, ma anche di trasporto e commercializzazione. Dall’altro è una fonte di soluzioni perché, attraverso gli alberi piantumati, permette di abbassare i livelli di CO2 nell’atmosfera. Inoltre, l’agricoltura è fondamentale per lo sviluppo umano perché chiamata a sfamare la popolazione mondiale in costante aumento. La chiave di lettura del fenomeno adottata da Boniviri punta a valorizzare le coltivazioni tipiche e biodiverse, mantenendo la tipicità dei territori. Puntiamo su varietà resistenti ai cambiamenti climatici, come gli ulivi e i mandorli. Allo stesso tempo bisogna garantire che ci sia una continuità produttiva, generando valore attraverso la pratica agricola. Ciò è possibile anche attraverso consigli e consulenze che diamo alle imprese per combattere la crisi climatica.
Un esempio?
Li invitiamo a riutilizzare gli sfalci da potatura attraverso la trinciatura per non bruciarli e ridurre così il proprio impatto emissivo.
È come votare, ma attraverso il cibo, dando la propria preferenza a un certo tipo di impresa, di persone e di coltivazioni.
Siccità da una parte, inefficienza idrica dall’altra: quali sono le strategie da mettere in campo? Avete avviato qualche azione aziendale?
La Sicilia soffre molto il tema della desertificazione. Per questo, dovremmo prendere spunto da Paesi e regioni che prima di noi hanno affrontato questo tema, tra cui Israele e Spagna. Qui si praticano tecniche di coltivazione che fanno un uso attento delle acque e di tecniche avanzate delle acque reflue e depurate. Il tema è nella nostra agenda, ma forse non è ancora abbastanza centrale in quelle della politica regionale e nazionale. Da parte nostra, per il nostro network, abbiamo fatto una partnership con Linkem 4 Farm, che fornisce un software per gestire digitalmente la campagna e strumentazioni che consentono di mappare il livello di umidità delle coltivazioni attraverso dei sensori, originando un risparmio economico e idrico.
Il mondo del cibo ha tantissime nuove prospettive da esplorare. Si può fare molta innovazione anche in pochi ettari, trovando soluzioni da scalare in altri settori.
Cosa significa oggi lavorare in agricoltura e come può ispirare le giovani generazioni?
È uno dei settori più importanti e interessanti in cui impegnarsi oggi. Dobbiamo trovare un nuovo equilibrio, che rispetti i limiti della natura, mantenendo vivo l’aspetto culturale e di sussistenza mondiale. C’è terreno molto fertile per una grande rivoluzione nel settore agrifood, grazie al ruolo da protagonista che la tecnologia sta giocando. Il mondo del cibo ha tantissime nuove prospettive da esplorare. Si può fare molta innovazione anche in pochi ettari, trovando soluzioni da scalare in altri settori.
Inclusività: quanto l’agricoltura è un lavoro per donne?
È già un mondo pronto per la diversità e l’inclusività. Tanti degli agricoltori con cui lavoriamo sono donne, perfettamente integrate anche nelle decisioni da prendere in campo.
Cosa significa per voi ispirare?
Vogliamo avere una strategia e degli obiettivi chiari. Li abbiamo messi nero su bianco nella nostra Impact Map, in cui contempliamo una strategia di crescita dolce, organica, non forsennata. Vogliamo costruire una realtà solida. Non vogliamo essere meteore, ispirare attraverso il fare, cercando prosperità, in modo coerente.
In che modo Boniviri sta cambiando il mondo (e il futuro) della gastronomia?
Siamo piccoli per avere un impatto così tangibile, ma vogliamo far passare l’idea che quando si sceglie un alimento, si sta allocando un valore. È come votare, ma attraverso il cibo, dando la propria preferenza a un certo tipo di impresa, di persone e di coltivazioni.